La superbomba di Trump sui tunnel dell’Isis

Le forze armate americane colpiscono i tunnel dell’Isis usando per la prima volta «la madre...

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Le forze armate americane colpiscono i tunnel dell’Isis usando per la prima volta «la madre di tutte le bombe»*, l’ordigno non nucleare più potente a disposizione. 

La “Madre di tutte le bombe” contro l’Isis in Afghanistan

Per la prima volta il Pentagono sgancia la Gbu 43/B, costruita e testata nel 2003 La Casa Bianca: questo è un altro grande successo, colpite le gallerie dei miliziani
NEW YORK – Nessun fronte è escluso. Il nuovo corso interventista di Donald Trump ha l’ambizione di abbracciare tutti i dossier bellici americani. È la volta dell’Afghanistan, guerra dimenticata dove stazionano 8400 militari americani, oltre a diversi contingenti internazionali, tra cui quello italiano, nell’ambito della missione Nato Resolute Support.

Il commander in chief sgancia una bomba mirata a colpire «tunnel e grotte usate dai miliziani dell’Isis». Il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, ha quindi sottolineato che nell’azione «sono state prese tutte le precauzioni per evitare vittime civili e danni collaterali», rimandando poi al Pentagono per ulteriori dettagli. L’Afghanistan non è un feudo delle bandiere nere, ma dal 2015 è infiltrato di terroristi foraggiati da Abu Bakr al-Baghdadi che sono penetrati nel Paese, insediandosi in particolare nella provincia di Nangarhar, convertendo taleban o filo-qaedisti, o combattendoli. Nella maggior parte dei casi si tratta delle stesse persone che anziché issare la bandiera bianca taleban ne issano una nera, perché incute più timore e attira denaro. «Un’altra missione di successo, sono molto orgoglioso dei nostri militari» chiosa Trump, sottolineando che i militari hanno la sua «totale autorizzazione».

La «superbomba»* è la cosiddetta bomba Moab (la sigla significa «Massive ordnance air blast», ma è stata ribattezzata mother of all bombs – madre di tutte le bombe). Un’arma potentissima che pesa quasi 10 tonnellate ed è capace di distruggere tutto nel raggio di centinaia di metri. Costruita dagli Stati Uniti ai tempi della guerra in Iraq nel 2003 e costata 14,6 milioni di dollari, finora non era mai stata utilizzata in combattimento. La mossa di Trump sembra complementare alla «nuova strategia» attuata contro i militanti dell’Isis, concentrati nella provincia orientale di Nangarhar. E che arriva a pochi giorni di distanza dall’annuncio del’ambasciatore afghano, Hamdullah Mohib, secondo cui entro il 2020 non sarà necessario l’aiuto di Paesi stranieri a sostegno delle forze di sicurezza nazionali, finanziamenti esclusi.

Gli jihadisti dell’Isis hanno condotto diversi attacchi, compreso quello che ha causato ieri davanti al ministero della Difesa a Kabul almeno cinque morti e dieci feriti. Hanif Atmar, consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Ashraf Ghani, ha visitato varie zone assicurando che sulla base di specifiche istruzioni del capo dello Stato e di «nuove direttive», «l’Isis sarà eliminata da questa provincia». Oltre ad Atmar, hanno visitato la provincia numerosi alti responsabili dei ministeri della Difesa e dell’Interno, nonché ufficiali della Nato e dell’esercito afghano per esaminare i risultati dell’Operazione «Hamza» avviata contro l’Isis tempo fa. Il generale Muhammad Zaman Waziri ha indicato che dall’inizio dell’offensiva distretti di Achin e Kot sono stati uccisi 326 militanti dell’Isis, fra cui alcuni comandanti.

* La GBU-43 Massive Ordnance Air Blast bomb (MOAB) è una bomba guidata di fabbricazione statunitense. L’acronimo MOAB è anche interpretato, informalmente, come Mother Of All Bombs (“madre di tutte le bombe” in lingua inglese), in quanto l’ordigno è tra le più grandi e potenti bombe mai costruite dagli Stati Uniti. Come peso (che è di quasi 10 tonnellate) è comunque superata dalla Grand Slam e dalla T12.

TIME: The U.S. Just Dropped the ‘Mother of All Bombs’ in Afghanistan. But What Is That?

vivicentro.it/cronaca
vivicentro/La superbomba di Trump
lastampa/La “Madre di tutte le bombe” contro l’Isis in Afghanistan FRANCESCO SEMPRINI – NEW YORK

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