Allarme in Giappone: “Lancio missilistico, lancio missilistico. Restare in casa. Cercare riparo. Cercare riparo”

Nel Giappone settentrionale quella di ieri è stata un’alba di paura. Nella regione di Sapporo,...

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Nel Giappone settentrionale quella di ieri è stata un’alba di paura. Nella regione di Sapporo, alle 6.02 del mattino, le sirene hanno ululato a lungo, intercalate dagli altoparlanti: “Lancio missilistico, lancio missilistico. Restare in casa. Cercare riparo. Cercare riparo”. L’escalation nordcoreana accelera minacciando di innescare un conflitto regionale.

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CALCUTTA – Alba di paura sotto i cieli plumbei del Nord del Giappone. Sirene che ululano, accompagnate dai cani, e interrotte da un annuncio monotono e inquietante: «Lancio missilistico. Lancio missilistico. Restare in casa. Cercare riparo. Cercare riparo».

Per due minuti, che devono essere sembrati ben più lunghi tra le pozzanghere di Sapporo e di tutto l’Hokkaido, alle 6,02 s’è sentito solo questo cicaleccio di sirene e annunci apocalittici. Chi non si è nascosto trepidante negli scantinati o nei garage, si è messo a scrutare nel grigio per vedere se poteva arrivare quel mostro che cade dal cielo. Per fortuna il mostro, il missile lanciato dalla Corea del Nord, s’è sfasciato ben lontano dalle coste, dopo aver sorvolato il Paese. Spezzato in tre parti e senza danni. Ma intanto il panico c’è stato. L’allerta livello J non era mai scattata nel Nord prima d’ora. Ma ieri via sms o e-mail su tutti i cellulari è apparso la scritta: «La Corea del Nord ha lanciato un missile. Siete pregati di correre al riparo in un palazzo o in un seminterrato».

«Sì, l’allerta di evacuazione mi è arrivata», ha detto Ichiro Kondo, un pescatore della città di Erimo, proprio sotto la traiettoria di quello che pare certo fosse uno Hwasong-12, «ma non riesco a immaginare quale dei nostri palazzi possa resistere all’impatto di un missile del genere. Non sapevo proprio dove andare».

Tutti i canali televisivi hanno dato la stessa notizia, che appariva sugli schermi degli smartphone e sui tabelloni di palazzi e metropolitana. Nella centralissima Tokyo Station, treni bloccati e una voce che consigliava di non uscire allo scoperto. Hiroaki Kumasaka che transitava di lì in missione per la sua azienda ha detto: «Non c’era nulla che potessimo fare mentre il missile passava sopra i cieli del Giappone. Ho mandato un messaggio alla mia famiglia per dire: il Giappone non è più un luogo sicuro».

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Nell’Hokkaido la polizia ha ricevuto quasi cento telefonate di persone spaventante che chiedevano istruzioni su cosa fare e dove andare. Più di 40 scuole sono state chiuse e le lezioni rimandate. Bloccati tutti i treni nel Nord e in altre regioni per almeno mezz’ora.

Ma c’è stato anche qualcuno capace di indifferenza, come se quel bambinone sovrappeso del palazzo accanto stesse di nuovo giocando con i petardi. Mia Abe ha raccontato che dove si trovava lei nell’Hokkaido la reazione è stata flemmatica: «Lo choc maggiore per me è dato vedere che nessuno era turbato dal missile. Si sono fatti una risata come si trattasse della solita pagliacciata».

Ma il primo ministro Shinzo Abe non ha riso proprio per niente nell’annunciare che s’è trattato di un gesto inaccettabile: «Una minaccia senza precedenti, grave e seria e che mina in modo significativo la pace e la sicurezza nella regione». È furente, ma si controlla. Anche perché qualcosa di utile può saltar fuori, per lui.

Già nel 2009, 2012 e nel 2016 ci sono stati lanci e allarmi simili. Ma questa volta non è arrivato alcun avviso dalla Corea del Nord. E il missile deflagra nel mezzo di una strategia di tensione regionale e internazionale davvero intensa.

In realtà, c’è chi dice che sia un regalo per Abe che sta cercando di ricostruire la fiducia degli elettori nella sua leadership, dopo scandali e le difficoltà della sua politica economica, l’Abenomics. È da tempo che il primo ministro spinge per avere più potenziale di attacco, per poter colpire direttamente le basi in Nord Corea, non solo schierare la contraerea e le batterie anti-missile. Ma fino a ieri si sperava, e si doveva sperare, nella diplomazia e nei negoziati.

Ora Abe deve dimostrare al Giappone che le cose cambieranno. E che l’imprevedibile presidente Trump non farà scherzi o sorprese. Dev’esserci la spalla americana a sostenere la sicurezza giapponese, se no Abe rischia davvero di perdere troppi consensi. Perché ora il gioco si fa più serio.

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