Procure, tribunali e guardia di finanza: la zona grigia delle banche

Nel suo articolo di oggi pubblicato su Repubblica, Gianluca Leo punta il dito su quella...

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Nel suo articolo di oggi pubblicato su Repubblica, Gianluca Leo punta il dito su quella zona grigia nella quale sono proliferati intrecci di interessi in conflitto sollecitati e alimentati da favori più o meno trasversali, incarichi d’oro e omissioni ad altrettanti carati. La corruzione, anzi, il calpestamento di ogni etica professionale che ha legato la razza padrona degli sportelli agli esponenti di spicco di procure, tribunali e guardia di finanza incaricati di controllarli e dove il rispetto della legge penale si è fermato ad una mera osservanza formale. Ora, con l’ordine di cattura contro Vincenzo Consoli, ex numero uno di Veneto Banca, sembra che si sia accesa una luce anche sulla punta dell’iceberg di questo terzo livello del malaffare.

Leggiamo l’articolo:

Quella zona grigia tra banche e giudici di GIANLUCA DI FEO

IL TERZO livello di responsabilità nella crisi delle banche è quello più vicino al territorio. Là dove si sarebbe potuto scorgere prima le crepe nelle cassaforti che custodiscono i risparmi degli italiani. Da tempo si discute della miopia della classe politica davanti ai segnali di fragilità del sistema creditizio e si denuncia l’inefficace vigilanza compiuta in alcuni casi da Bankitalia e Consob, ma solo ora si comincia a fare luce su questo terzo livello prosperato in provincia. È un intreccio di interessi in conflitto, favori più o meno trasversali, incarichi d’oro e omissioni ad altrettanti carati che hanno legato la razza padrona degli sportelli agli esponenti di spicco di procure, tribunali e guardia di finanza incaricati di controllarli.

Questa zona grigia dai confini sempre confusi, dove un’etica professionale molto discutibile si unisce spesso al rispetto formale della legge penale, ha preso corpo nell’ordine di cattura contro Vincenzo Consoli, ex numero uno di Veneto Banca, una stella cadente del firmamento bancario che ha bruciato i quattrini di 87 mila piccoli soci. In quelle pagine – analizzate ieri da un articolo di Giorgio Barbieri – si parla del presidente del tribunale di Treviso omaggiato dall’istituto con un orologio da 11 mila euro che poi passa dalle aule di giustizia a una poltrona ai vertici della banca. C’è poi il comandante delle Fiamme Gialle che va in gita ai Mondiali carioca con il patron della banca e intasca una proposta di consulenza da 110 mila euro mentre è ancora in servizio. Per poi continuare con l’ingaggio di figli di importanti magistrati e ovviamente una pioggia di prestiti allegri concessi ai politici, come l’allora presidente della Regione Giancarlo Galan. Un copione che pare destinato a riservare altre sorprese.

Il pasticcio veneto è stato scoperchiato dalla procura di Roma, partendo dallo stesso rapporto di Bankitalia tenuto per due anni nel cassetto dai pm trevigiani. Ma la trama imbastita da Vincenzo Consoli, ragioniere di Matera felicemente emigrato a Nord, ricorda moltissimo la rete di relazioni privilegiate con toghe e ufficiali della Finanza impiantata dalla Popolare di Vicenza negli anni del padre padrone Gianni Zonin. Una rete di protezione denunciata da più inchieste di questo giornale che ha permesso di radere al suolo i risparmi di 118 mila famiglie. E ombre simili si intravvedono in tutta la via crucis di cattedrali del credito che si sono polverizzate, da Siena ad Arezzo, da Ancona a Ferrara.

In alcune di queste provincie è forte il sospetto che il terzo livello sia in qualche modo ancora attivo, perché il garbuglio di intrallazzi passati sembra in grado di condizionare oggi le indagini sui responsabili principali dei crac. Inchieste che procedono con estrema lentezza e morbidezza: finora c’è stato un solo provvedimento cautelare disposto dai magistrati di Roma, i più lontani dalla scena del crimine. Il carcere o gli arresti domiciliari ormai possono essere misure tardive, mentre è sempre più urgente un intervento per sequestrare i capitali di chi si è arricchito sulle spalle degli investitori: Zonin, ad esempio, si è liberato di ogni proprietà prima di qualunque azione risarcitoria. Se le piccole procure spesso non hanno personale sufficiente o non sono in grado di gestire istruttorie così complesse, allora perché non seguire il modello Treviso e fare scendere in campo l’autorità giudiziaria romana? Il tempo scorre e la prescrizione rischia di rendere impuniti i protagonisti di questo colossale furto di risorse collettive: solo in Veneto ci sono quasi 200 mila risparmiatori che chiedono giustizia.

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