Lula attacca, nel caos il Brasile nella morsa della crisi. DANIELE MASTROGIACOMO *

Lula attacca, nel caos il Brasile nella morsa della crisi. DANIELE MASTROGIACOMO * Cordone di...

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Lula attacca, nel caos il Brasile nella morsa della crisi. DANIELE MASTROGIACOMO *

Cordone di polizia intorno alla sede del Partito dei Lavoratori mentre si susseguono le manifestazioni. Accuse di corruzione per il carismatico ex-presidente e controaccuse di tentativo di golpe. E lui dice: “Ho 70 anni ma me ne sento 30 nella mente e 20 nel fisico”

SAN PAOLO – Come un leone ferito e umiliato, Luiz Iniacio Lula da Silva tira fuori gli artigli e reagisce sfoderando l’enfasi dei vecchi tempi. La battaglia di venerdì pomeriggio, davanti alla sede del Partito dei lavoratori, non si è ancora spenta. Chiusi da un cordone di poliziotti sul marciapiede di fronte sostano 250 militanti e sostenitori. Indossano le camicie rosse che hanno usato in decine di manifestazioni. Sventolano le bandiere del partito che garriscono alle folate del vento caldo di fine estate. Qualcuno ha affisso sulla porta principale uno striscione: “Lula è il più onesto in questo paese”.

C’è aria di mobilitazione. L’incursione della polizia nella casa dell’ex presidente socialista è vista come l’ultimo segnale di un’offensiva che dura da almeno due anni. Molti si sentono in dovere di vigilare, quasi fossimo davanti ad un tentativo di golpe. In realtà, la maggioranza dei brasiliani, almeno qui a San Paolo, guarda con distacco a una vicenda su cui pochi sembrano avere dubbi. La corruzione, nel sistema Petrobras, ha inferto il colpo decisivo ad un’economia in affanno. I dati fanno paura. Le conseguenze si sentono nella vita di tutti i giorni. Prezzi più cari, pochi acquisti, licenziamenti, crescita bloccata. Le scritte dei banner che scorrono sui cartelloni luminosi delle strade, nei centri commerciali, persino negli schermi dentro gli ascensori, mischiano annunci pubblicitari al calo (3,8 per cento) del Pil, al crollo (6,2) della produzione industriale, al tonfo (1,8) del settore agricolo. Dati che non si registravano dal 2005. Le case automobilistiche annunciano il taglio di altri 500 mila posti di lavoro. L’inflazione torna a mordere, come i tassi di interesse che restano elevati.

Lula segue con ansia la grande crisi provocata dal crollo del prezzo delle materie prime. Ma vede all’orizzonte le elezioni del 2018. E’ tentato di candidarsi. Anzi: approfitta di un incontro con i sindacati dei bancari per annunciare ufficialmente la sua discesa in campo. Per la prima volta dopo tanto tempo parla a braccio. Lascia i fogli degli appunti su una sedia, afferra il microfono e si lancia nella sua arringa. Per 28 minuti torna il Lula dei vecchi tempi. Quelli che lo portarono al vertice del Partito dei lavoratori, che facevano accorrere milioni di simpatizzanti ai comizi, che gli hanno aperto la strada verso la presidenza. Che lo hanno eletto e poi sostenuto negli anni (2003-2010) in cui ha guidato il Brasile verso uno sviluppo sorprendente. Con la crescita costante dell’8 per cento, l’ingresso nei Brics: un faro di una nuova via possibile, alternativa al liberalismo imperante e al chavismo populista.

L’ex presidente attacca, non si difende. Punta il dito sulla polizia e sulla magistratura. Non accenna mai all’opposizione, quel centrodestra che neanche considera. E’ furioso. La voce trema quando ricorda quello che è successo. “Sono stato umiliato”, dice. Lo ripeterà più volte. Non replica alle accuse che gli vengono mosse. Usa tutto il carisma che ancora possiede. Ricorda la sua difficile infanzia, i lavori umili, la fuga dalla favela in cui era cresciuto. Si sofferma sul primo lavoro in fabbrica, sulla suo impegno da sindacalista. “Abbiamo lottato”, urla ancora con rabbia, “fondato un partito, raccolto milioni di consensi, contribuito alla democrazia, vinto le elezioni, eletto un presidente”. Poi, con orgoglio, agita il pugno e si esalta: “Sono stato il migliore a governare questo paese”. Il viso è rosso, gocce di sudore gli bagnano la barba. I bancari lo sorreggono con un lungo applauso. Lui alza la mano, ringrazia, vuole proseguire. “Ora”, dice con voce squillante, “la gente umile può camminare a testa alta e può permettersi di mangiare una fetta di manzo”. Ma le accuse lo rincorrono. Pesano quei sospetti sui beni che i magistrati considerano conseguenze di tangenti. La casa a Guaruja, un trilocale che il vecchio leader ha acquistato ad un prezzo di favore. Fa parte di un elenco che scorre implacabile sugli stessi banner di siti web e tv. La barca comprata da sua moglie (“pagata pochissimo”, ripete), la fattoria di campagna (“E’ di un amico e spesso mi invita”). Il contributo di 200 mila dollari all’Istituto Lula. “Ci ha consentito di fare una conferenza e di spiegare a milioni di persone che l’energia era un bene di tutti”, precisa. Queste cose, aggiunge, le ho dette più volte alla magistratura. Avrei potuto ripeterle anche questa volta. Invece, “hanno messo in piedi un vero spettacolo pirotecnico”. Lula non ha dubbi: “Una parte della magistratura sta lavorando con alcuni settori della stampa. L’obiettivo è chiaro: evitare che mi candidi come presidente nel 2018. Non so se lo farò. Ma quello che sta accadendo mi spinge a farlo. A partecipare di nuovo alla vita di questo paese. Da adesso tornerò per le strade, per le piazze, tra la gente. Come facevo un tempo. Ho camminato da San Paolo e San Giovanni d’Acri e ho raccolto milioni di sostenitori. Sono pronto a rifarlo. Ho 70 anni. Ma me ne sento 30 nella mente e 20 nel fisico. E anche questa volta correrò per vincere. Per tornare ad essere il presidente Lula”.

 * Lula attacca, nel caos il Brasile nella morsa della crisi. DANIELE MASTROGIACOMO / larepubblica

 

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