Lo strappo di Trump: riconoscerò il voto solo se sarò io a vincere

Donald Trump agita lo spettro delle «elezioni truccate» e, dopo aver perso l’ultimo duello tv...

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Donald Trump agita lo spettro delle «elezioni truccate» e, dopo aver perso l’ultimo duello tv con Hillary Clinton, assicura che in caso di esito opaco farà ricorso. La campagna elettorale del magnate – spiega Gianni Riotta – è finita, ma Trump aizzando i suoi sostenitori, negli uffici e nelle fabbriche con i salari dimezzati, è come un virus che avvelena l’America.

Trump: riconoscerò il voto solo se sarò io a vincere

Nel duello tv il repubblicano dice che non accetterà il verdetto. Poche ore dopo il nuovo strappo: se risultato opaco, farò ricorso

LAS VEGAS – «Accetterò totalmente il risultato di queste storiche elezioni… ma solo se vinco io». A poche ore dal duello in tv tra i candidati alla Casa Bianca Donald Trump torna ad agitare lo spettro di «elezioni truccate». Parlando a Delaware, in Ohio, uno degli Stati in bilico che non può permettersi di perdere contro Hillary, il candidato repubblicano ha rilanciato il tema del riconoscimento dell’esito del voto. Poche ore prima sul palco dell’Università di Las Vegas, Trump era incappato nell’ennesimo scivolone: «Non sono sicuro che accetterò il risultato delle elezioni, se perderò. Vedremo, vi lascio in sospeso».

Una roba del genere non accadeva dai tempi della Guerra civile, ma per comprendere fino in fondo il suo impatto bisognava guardare gli occhi di Kellyanne Conway, la manager della campagna di Trump, nella spin room dopo il dibattito. Affranta, incerta su come difendere il proprio candidato dagli attacchi del suo stesso partito: «Intendeva la possibilità che il risultato sia così ravvicinato, da richiedere tempo perché sia ufficializzato». Certo, però un conto è chiedere di rivedere lo spoglio in uno Stato dopo che hai perso per 500 voti, come era accaduto a Gore nel 2000; un altro è mettere in discussione l’onestà dell’intero sistema prima ancora di andare alle urne. Così si contesta il principio stesso della democrazia americana, che si regge sul passaggio pacifico del potere sulla base della volontà degli elettori, aprendo la porta anche allo spettro delle proteste violente.

Il comizio in Ohio  

Meno di 24 ore dall’Ohio un Trump per nulla turbato dalle polemiche scatenate dalla sua frase ha rilanciato sostenendo che accetterà l’esito del voto solo se sarà lui a prevalere e aggiungendo di «riservarsi il diritto di contestare legalmente il risultato in caso di un risultato opinabile», poco chiaro.

Trump si era preparato per l’ultimo faccia a faccia a Las Vegas con l’obiettivo di dimostrare la sua affidabilità e competenza, promuovere le proprie idee, e possibilmente indurre Hillary in qualche grave errore. All’inizio del duello era parso in pieno controllo dei temi e dei toni, con gli scambi civili sulla Corte Suprema, l’aborto, i conti dello Stato e i programmi economici. Aveva segnato anche diversi punti, ad esempio attaccando la Clinton Foundation che «promuove i diritti delle donne, ma prende i soldi da Paesi come l’Arabia che le perseguita».

Rabbia e insulti  

Poi, però, la sua natura ha preso il sopravvento. Hillary, usando tattiche che sembravano prese proprio dal repertorio di Donald, ha cominciato a provocarlo sull’immigrazione, dicendo che giura di costruire il muro, ma poi ha avuto paura di dirlo al presidente messicano. Poi lo ha attaccato sul rapporto con la Russia, definendolo «un pupazzo di Putin». Quindi lo ha criticato sulle molestie alle donne, e ridicolizzato sulle accuse che le elezioni sono truccate: «Donald è così: quando qualcosa non va come vuole, si arrabbia e dice che tutti complottano contro di lui. Lo ha fatto persino con i premi televisivi Emmy».

A quel punto Trump non ci ha visto più, ed è tornato se stesso. Ha ripreso a interrompere, litigare persino col bravo moderatore della Foxnews Chris Wallace, e infine demolire le basi della democrazia americana.

Per capire cosa è successo, è stato utile ascoltare nella spin room la portavoce di Clinton, Jennifer Palmieri: «Sì, era un piano prestabilito. Abbiamo capito che Trump reagisce sempre all’ultima frase di Hillary, qualunque cosa lei dica. Quindi lei nella prima parte delle risposte spiegava le sue posizioni politiche, per parlare agli spettatori, e nell’ultima frase invece lanciava l’esca per Donald». Lui abboccava sistemanticamente, finendo fuori messaggio, se non facendo gaffe come quella sul risultato delle elezioni. Questo può sembrare un gioco da dibattito scolastico, ma in realtà è anche una messa alla prova del carattere del candidato. Trump l’ha fallita proprio quando doveva rilanciarsi, irritando lo stesso Partito repubblicano, che ora fugge da lui per cercare di salvare almeno la maggioranza in Congresso. I confronti diretti sono finiti, Clinton ha un sacco di soldi da spendere nelle ultime settimane di campagna, e sta valutando di andare a fare comizi anche in stati riserva del Gop tipo Arizona, Georgia e Texas. A meno di qualche sorpresa, o di qualche bomba ancora nascosta nelle mail di Wikileaks, il sentiero di Trump verso la Casa Bianca si è fatto ancora più stretto.

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lastampa/Trump: riconoscerò il voto solo se sarò io a vincere PAOLO MASTROLILLI – INVIATO A LAS VEGAS

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