La svolta di Grillo, nuovo ‘Codice di comportamento’: ”Gli indagati non si dimettano”

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Ha un sapore burocratico il nuovo “ Codice di comportamento del M5S in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie ”. I Cinquestelle diventano garantisti, rimettendo ai probiviri la decisione sull’opportunità che si dimetta chi è coinvolto in vicende giudiziarie. Cosa che non è piaciuta a buona parte della base. La realpolitik, commenta Andrea Malaguti, porta il Movimento sempre più vicino ai partiti tradizionali. E l’imperativo è tenere al sicuro Virginia Raggi, Sindaca di Roma.

Ora Grillo diventa garantista: “Gli indagati non si dimettano”

Il leader del M5S pubblica il codice etico: “Lasci solo chi ha condanne e prescrizioni” Decisiva la preoccupazione per il possibile arrivo di due avvisi di garanzia alla Raggi

ROMA – Ha un sapore burocratico il “Codice di comportamento del M5S in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie”. E non sorprende che non sia stato scritto dalle solite penne scanzonate al servizio di Beppe Grillo, ma con la consulenza di uno studio di avvocati. Segno che il contesto alimenta timori e prudenze. Il recente passato e l’immediato futuro in casa grillina sono colmi di inchieste che hanno costretto il leader a mettere per iscritto un pugno di norme per tutelarsi e far chiarezza.

Già il nome del codice tradisce la preoccupazione di nuove grane giudiziarie: soprattutto a Roma, soprattutto su Virginia Raggi, sopra la quale sembrano essere state cucite su misura le nuove regole. La sorprendente riscoperta del garantismo è accompagnata a una radicalizzazione del ruolo di Grillo, come artefice ultimo di sospensioni ed espulsioni. In sei punti – sottoposti al voto degli iscritti da oggi alle 10 – il comico stabilisce che basta una condanna di primo grado per rendere «incompatibile il mantenimento di una carica elettiva». Lo stesso vale per patteggiamento e prescrizione. «E’ invece rimessa alla discrezionalità» del garante, dei probiviri e del comitato di appello, la valutazione di gravità sui cosiddetti reati d’opinione. Insomma, la diffamazione se è per una buona causa grillina, non costa la scomunica. Mantenuta la regola aurea pentastellata della condanna in primo grado, il garantismo spunta sull’avviso di garanzia: non è più condizione sufficiente e necessaria per sbattere fuori un eletto. L’interessato però appena viene a sapere delle indagini «ha l’obbligo di informare il gestore» del blog, cioè la Casaleggio Associati. In qualsiasi momento del procedimento penale, l’eletto può autosospendersi. Un’ipotesi che resta in piedi, eventualmente per Raggi, e che invece hanno respinto i deputati indagati per le firme false di Palermo. Senza implicare «ammissione di colpa» , l’autosospensione agli occhi di Grillo è quasi un’attenuante.

Fino a qui le novità. Poi ci sono le conferme. Una su tutte: il potere di Grillo che in totale «autonomia» può sanzionare il comportamento dell’eletto «a prescindere dall’esito e dagli sviluppi» penali. Perché come ha detto Grillo: «Io devo valutare la discrezionalità, è una scelta morale e politica, e qualcuno se la deve prendere». Insomma su faccende giudiziarie anche il comico all’automatismo della condanna (fatta salva per reati gravi, corruzione, mafia etc…) preferisce la scelta di opportunità politica. Quella che ha fatto fuori il sindaco di Parma Federico Pizzarotti che è tornato ad attaccare il suo ex partito, definendo illegittima la sua sospensione, avvenuta senza regole chiare. Il leader ha sfruttato il periodo festivo per accelerare una decisione maturata dopo il caso Quarto e le indagini sul sindaco di Livorno. Roma e la certezza dei vertici M5S di due imminenti avvisi di garanzia per Raggi ha reso ancora più urgente la questione. Grillo ha sentito al telefono Luigi Di Maio e ha anticipato a lui e ad altri big del M5S il post: «Vedrete le nuove regole, appena approvate ci permetteranno di gestire Raggi qualunque cosa accada, così potremo dividere le nostre strade in qualsiasi momento». In vista delle politiche ogni scelta deve essere presa con razionalità e non di pancia. Lo vuole Grillo e ancor più Davide Casaleggio che ragionando con Grillo ha difeso l’importanza della Capitale: «Su quello che succede a Roma dobbiamo stare attenti. Non è Quarto, abbiamo gli occhi di tutti addosso».

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