Esame di maturità: si cambia

L’obiettivo è rendere più omogenee le valutazioni, all’esame di maturità, degli studenti sul territorio nazionale....

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L’obiettivo è rendere più omogenee le valutazioni, all’esame di maturità, degli studenti sul territorio nazionale. Come? Il voto sarà affiancato dal risultato di un test Invalsi. Anche per risparmiare qualche soldo, le prove saranno ridotte a due e le commissioni non avranno più membri esterni.

Una maturità uguale per tutti

Un esame di maturità rinnovato e test Invalsi per gli studenti delle scuole superiori. Il ministero dell’Istruzione vuole rendere le valutazioni finali più omogenee in tutta Italia. Ecco cosa cambia.

Si annuncia il cambiamento dell’esame di maturità. Si prevede anche l’introduzione di un test Invalsi, da somministrare nel corso dell’anno scolastico. Il ministero dell’Istruzione sembra aver preso atto che il voto di maturità non riesca a segnalare in maniera adeguata a imprese e università le competenze degli studenti e che voglia quindi introdurre un esame con caratteristiche di maggiore comparabilità, come accade in molti paesi europei. I passi sembrano però non del tutto coerenti.

Come cambia l’esame

Non tutto è ancora chiaro ma tre sembrano essere i principali cambiamenti riguardanti la valutazione finale degli studenti della scuola secondaria. Innanzitutto, l’introduzione di un test Invalsi che oltre a verificare le competenze in italiano e in matematica dovrebbe accertare anche la conoscenza dell’inglese. La somministrazione del test dovrebbe avvenire nel corso dell’anno scolastico per evitare sovrapposizioni con la preparazione dell’esame finale di maturità (lo stesso dovrebbe avvenire per gli studenti della terza media che ad oggi sostengono un test che fa parte della prova d’esame). Il risultato del test non dovrebbe influenzare l’esito dell’esame di maturità, ma dovrebbe comparire come punteggio autonomo riportato in pagella congiuntamente al voto conseguito. La seconda novità riguarda la riduzione delle prove d’esame da tre a due, con l’eliminazione della cosiddetta “terza prova” decisa a livello di singolo istituto. Infine, cambiano anche le commissioni d’esame: al momento ci sono 3 commissari interni e 3 esterni, mentre a partire dal prossimo anno i commissari potrebbero essere tutti interni, forse anche per una questione di contenimento della spesa. Tutto ciò si accompagna al maggiore peso che verrà attribuito al percorso di studio dello studente: attualmente su un massimo di 100 punti, 25 possono essere ottenuti con i crediti maturati durante gli anni scolastici precedenti e i restanti 75 (15 per ciascuna delle tre prove e 30 per il colloquio) grazie al risultato conseguito nelle prove di esame. Il nuovo sistema prevede invece un massimo di 40 punti per il curriculum scolastico e un massimo di 60 punti per la prova d’esame (20 per ciascuna prova scritta e 20 per il colloquio).

Un metro comune di valutazione

Per esprimere un giudizio su questi cambiamenti è utile chiedersi a che cosa serve l’esame di maturità. Il suo principale scopo è quello di segnalare (allo studente prima di tutto, ma anche a imprese e università) il livello di preparazione e di competenza posseduti dell’esaminando. Affinché ciò accada due studenti con identica preparazione devono avere lo stesso voto. Facile a dirsi, difficile a farsi. Ad esempio, perché i due hanno docenti che usano metri di valutazione diversi, oppure perché uno di loro il giorno dell’esame non è in buone condizioni di salute.
Un buon esame dovrebbe quindi sforzarsi di trovare un metro comune e fare in modo che il suo esito non sia influenzato troppo da eventi casuali. Il nuovo esame di maturità con l’introduzione di un test standardizzato e l’eliminazione della terza prova si muove nella direzione di avere un esame “nazionale”, la cui difficoltà sia il più possibile uniforme. Un passo in avanti per cercare di superare la solita querelle sulle differenze regionali nei voti di maturità che a inizio estate ha riempito le pagine dei giornali. La presenza in pagella del punteggio al test Invalsi (svolto al computer dallo studente) può essere una soluzione migliore rispetto a quella di far pesare il risultato del test sul voto di maturità. Infatti, i test standardizzati e le prove curriculari misurano aspetti diversi della formazione ricevuta e può quindi essere utile poter disporre di entrambe le valutazioni. Inoltre, il voto di maturità, tenendo conto anche dei risultati ottenuti durante il percorso scolastico, risente meno di condizioni specifiche che potrebbero caratterizzare il momento in cui si sostengono le prove finali. Tuttavia, affinché le imprese e le università prendano in considerazione questo voto è necessario aumentarne la credibilità. Uniformare le prove d’esame è un passaggio necessario anche se non sufficiente poiché, come già discusso su questo sito, molto dipende dal metro di giudizio utilizzato dai docenti. Quest’ultimi, in base alla nuova proposta, guadagnano margini di autonomia valutativa grazie al maggior peso assegnato ai crediti acquisiti dallo studente nel corso dell’anno scolastico e alle commissioni composte esclusivamente da membri interni.

Attenzione alla standardizzazione

Infine, è bene ricordare che l’utilizzo di un test standardizzato identicamente sottoposto a studenti che frequentano indirizzi scolastici molto diversi tra loro, quali sono i licei e gli istituti professionali, può essere problematico. Invalsi ha proposto di affrontare questa difficoltà attraverso l’uso di un test adattivo, cioè un test svolto in due momenti distinti, in cui la prima parte (identica per tutti) agisce come test di posizionamento per la seconda parte (che si differenzia alla luce del risultato conseguito nella prima). Tuttavia, poiché le competenze si formano anche attraverso l’apprendimento curriculare, sarà bene utilizzare graduatorie differenziate per indirizzo scolastico per evitare di confrontare studenti che, per condizioni di partenza, sono oggettivamente diversi.

DANIELE CHECCHI

checchiInsegna economia del lavoro all’Università Statale di Milano. Ha collaborato come consulente economico del sindacato nel periodo 1978-88, e successivamente ha partecipato a diverse ricerche sulla contrattazione decentrata. Si occupa di comportamenti sindacali e di economia dell’istruzione. È stato membro della Commissione Governativa per il riordino dei cicli scolastici (luglio 2000).

MARIA DE PAOLASchermata 2014-04-23 alle 18.11.23

Ha conseguito un  Dottorato di Ricerca in Economia presso l’Università la Sapienza di Roma. E’ professore Associato di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza dell’Università della Calabria. Si occupa prevalentemente di Economia del lavoro e dell’istruzione, Discriminazione di genere, Political Economy e valutazione di politiche pubbliche.

lavoce.info/Una maturità uguale per tutti (Daniele Checchi e Maria De Paola)

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