Mario Draghi conferma i segnali di ripresa dell’economia

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Parlando al Parlamento europeo, Mario Draghi conferma i segnali di ripresa dell’economia ma sottolinea l’esigenza da parte della Bce “di continuare a sostenere le politiche monetarie”.

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BRUXELLES – La Bce continuerà a sostenere l’economia dell’Eurozona. Nonostante le cosa vadano meglio, «è molto presto per farci dire che cambieremo la linea di politica accomodante» tenuta finora, scandisce il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. Da una parte, spiega in Parlamento europeo, le prospettive economiche dell’area dell’euro stanno migliorando e i rischi di crescita al ribasso stanno diminuendo, ma dall’altra parte mancano le riforme strutturali, che Draghi torna a chiedere, e il livello d’inflazione rimane volatile. C’è dunque «ancora bisogno» delle azioni di Francoforte, e così sarà finché almeno finché il livello del costo della vita non sarà ritenuto sostenibile.

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Draghi garantisce in questo modo un basso livello dei tasso di interesse sui depositi, quanto cioè le banche pagano per depositare i loro fondi a Francoforte, e sul tasso per le operazioni di rifinanziamento, vale a dire il costo al quale le stesse banche possono ottenere credito dalla banca centrale europea. Non solo. Si continua con il Quantitative Easing (Qe), il programma di acquisto di titoli di Stato lanciato dalla Bce per immettere liquidità nel settore finanziario e stimolare crediti ed economia. Non si esclude che lo stesso Qe possa essere esteso anche alla Grecia, Paese sotto programma di assistenza, ma «servirà un accordo tra le parti».

Quello che però serve nell’immediato è un rilancio in grande stile delle ambizioni comuni, che a Francoforte si fa fatica a vedere. Draghi le definisce «azioni strutturali a livello nazionale ed europeo», e altro non sono che le riforme che da sempre pretende dagli Stati. La politica monetaria della Bce non basta, servono misure «di accompagnamento» dei governi per dare credibilità ad Eurolandia e all’operato della Bance centrale europea. Non un messaggio nuovo. Parallelamente, occorre andare avanti con l’unione monetaria, e questo per almeno due ragioni: perché l’euro «è irreversibile», e perché la fragilità dei Paesi con la moneta unica «deriva dal mancato completamento» del progetto.

L’Eurozona è vittima delle sue paure e prigioniera delle proprie diffidenze. Gli Stati non si fidano gli uni degli altri. Draghi lo mette in evidenza quando spiega perché a oggi non c’è una capacità di bilancio dell’area euro, che pure servirebbe in nome di quel completamento dell’unione monetaria richiamato dal numero uno dell’Eurotower. Per averla servono due cose, «la fiducia e la convergenza». I Paesi appaiono al contrario ancora troppo distanti. Ed è anche in ragione di ciò che il presidente della Banca centrale europea giustifica il mantenimento delle politiche di sostegno volute finora.

Attenzione, però. Il ruolo ricoperto dalla Bce e l’intenzione di continuare a svolgerlo non deve indurre ad abbassare la guardia, perché prima o poi il sostegno dell’istituzione Ue finirà. Finirà in particolare l’effetto del Quantitative Easing, e allora «i Paesi ad alto debito e bassa crescita» dovranno fronteggiare un aumento dei tassi di interesse e disporre degli strumenti adeguati per farvi fronte, garantendo politiche di bilancio sane e favorevoli alla crescita. Un monito all’Italia, sia pure non citata direttamente, ma che risponde all’identikit tracciato ai parlamentari europei. È un nuovo appello di Draghi per le riforme strutturali e un pro-memoria a quanti finora hanno vissuto della rendita delle politiche accomodanti della Bce.

Mettersi all’opera e farsi trovare pronti deve essere il motto dell’area euro, a giudicare dalle parole del presidente della Banca centrale europea. Sullo sfondo c’è la Brexit, ragione in più per non restare a guardare. Draghi ammette che si temono contraccolpi e che internamente alla Bce si lavora a tutti gli scenari, ma fondamentale sarà la capacità delle banche di essere preparate a tutto. La politica della Bce resterà in vigore per concedere il tempo di organizzarsi, nell’auspicio che si mettano in sicurezza gli istituti di credito e si rimetta mano all’architettura dell’unione monetaria. Vanno eliminati i crediti deteriorati, vero e proprio «fardello» per il sistema bancario europeo. E poi, «non bisogna avere paura di cambiare i trattati». Draghi detta la linea, ancora una volta.

vivicentro.it/economia
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