A ogni età la sua imposta (Luca Micheletto)

Ritorniamo al confronto sull’ipotesi di aliquote Irpef legate all’età del contribuente. Tra i possibili vantaggi indicati da...

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Ritorniamo al confronto sull’ipotesi di aliquote Irpef legate all’età del contribuente. Tra i possibili vantaggi indicati da alcuni studi c’è quello di legare la loro entità a una caratteristica certa del contribuente. E anche che il trattamento, alla lunga, riguarda tutti i cittadini.

A ogni età la sua imposta (Luca Micheletto)

La letteratura economica offre vari argomenti a sostegno di imposte sul reddito modulate in funzione dell’età del contribuente. Le obiezioni fondate su un presunto conflitto con il principio di equità orizzontale non appaiono molto convincenti.

Cosa dice la teoria

Alcune recenti proposte di modulazione delle aliquote Irpef in funzione dell’età anagrafica del contribuente (Fabio Marchetti e Luciano Monti, Dario Stevanato) si inquadrano nella cornice teorica della teoria della tassazione ottimale. Nella ricerca di forme di imposizione che riescano a coniugare il soddisfacimento delle aspirazioni di carattere redistributivo con la minimizzazione delle inefficienze dovute agli effetti distorsivi delle imposte, è stata così ripresa l’idea, originariamente formulata da George Akerlof, di ricorrere a forme di “tagging” dei contribuenti.
Nel caso della nostra Irpef, l’idea si traduce nel differenziare il carico tributario non più solo in funzione del reddito, ma anche in funzione di caratteristiche individuali (“tag”) che siano non alterabili (o poco) dal contribuente e al tempo stesso siano correlate con la capacità potenziale di generare reddito o con le modifiche che le variazioni dell’aliquota di imposta inducono sui comportamenti.
Tra le varie caratteristiche considerate, l’età anagrafica ha attratto a più riprese l’attenzione degli economisti (Michael Kremer; Sören Blomquist e Luca Micheletto; Matthew Weinzierl; Spencer Bastani, Sören Blomquist e Luca Micheletto).
Secondo James Banks e Peter Diamond, l’analisi di forme di differenziazione del carico tributario che tengano conto anche dell’età del contribuente rappresenterebbe uno dei campi più fecondi di indagine della teoria della tassazione. Innanzitutto, perché i guadagni in termini di benessere legati all’adozione di simili imposte sul reddito appaiono significativi. In secondo luogo perché rispetto ad altre forme di “tagging” proposte in letteratura, ad esempio imposte sul reddito differenziate per uomini e donne (Alberto Alesina, Andrea Ichino e Loukas Karabarbounis), questo tipo di tassazione è più in sintonia con il principio di equità orizzontale, secondo il quale gli individui che appaiono uguali negli aspetti economicamente rilevanti debbono essere trattati in modo uguale. Nell’attraversare le varie fasi della vita, infatti, tutti gli individui risultano via via assoggettati alle funzioni di imposta previste per le diverse classi di età (Daniel Hemel).

Gli elementi da considerare

Per capire le giustificazioni economiche di un’imposta che tenga conto dell’età del contribuente nella tassazione dei redditi da lavoro è opportuno considerare gli elementi da cui dipende la scelta ottimale delle aliquote marginali: elasticità dell’offerta di lavoro, distribuzione dei redditi e incertezza sulle prospettive future di reddito. Ciascuno di questi elementi tende a variare a seconda della fase del ciclo vitale e dunque ciò è una prima ragione a favore dell’introduzione di imposte differenziate in ragione dell’età. Per esempio, il fatto che l’elasticità dell’offerta di lavoro risulti maggiore per i giovani rispetto ai lavoratori di età intermedia (“prime-age”) suggerisce l’opportunità di applicare, a parità di reddito, aliquote marginali più basse per i giovani. Lo stesso ragionamento vale per il livello medio e la variabilità delle remunerazioni, che risultano più alte tra i lavoratori “prime-age” rispetto ai giovani così come l’incertezza sulle prospettive future di reddito tende a essere maggiore per i lavoratori giovani rispetto a quelli di età intermedia.
Per quanto riguarda invece i lavoratori anziani, il fatto che l’elasticità dell’offerta di lavoro risulti relativamente elevata (soprattutto rispetto alla scelta se proseguire o cessare l’attività lavorativa) porterebbe a giustificare l’applicazione di un’imposta caratterizzata da aliquote medie più basse rispetto a quelle applicate ai lavoratori “prime-age”.
Anche l’esistenza di vincoli per l’accesso al credito da parte dei giovani costituisce una ragione per prevedere imposte differenziate e caratterizzate da aliquote medie più basse per loro. E se si può dimostrare (Spencer Bastani, Sören Blomquist e Luca Micheletto) che solo un’imposta in funzione dell’età permette sempre di influenzare il livello di accumulazione del capitale senza produrre effetti indesiderati sul piano equitativo, sul piano pratico ciò permette di giustificare uno spostamento dell’onere medio del prelievo dai giovani ai lavoratori di età intermedia.
Tra l’altro, l’adozione di imposte age-dependent sui redditi da lavoro consente di replicare in larga misura gli effetti dell’ottima tassazione dei redditi da capitale. Di conseguenza, se l’imposta in funzione dell’età sui redditi da lavoro fosse scelta in modo ottimale, la tassazione dei redditi da capitale perderebbe rilevanza quale strumento di politica redistributiva.

BIO DELL’AUTORE

LUCA MICHELETTO – Professore ordinario di scienza delle finanze all’Università degli studi di Milano.

/lavoce.info

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