Droga e noia prima della strage di Ferrara

Dopo la confessione del delitto di Ferrara emergono dettagli inquietanti sulla vita dei due ragazzi...

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Dopo la confessione del delitto di Ferrara emergono dettagli inquietanti sulla vita dei due ragazzi minorenni tra noia, droghe e insulti. Il figlio della coppia viene descritto dagli amici come un ragazzo timido che odiava la madre e c’è chi racconta di come si fosse lasciato sedurre dalla cocaina: “Quando la prendo mi trasformo in un supereroe”.

Il ragazzo che ha ucciso i genitori con l’amico: “Con la cocaina mi sento come un supereroe”

Gli amici del paese: “Fumava oppio. Odiava la madre e la riempiva di parolacce”

PONTELANGORINO (FERRARA) – «È successo davanti alla lavanderia», dice adesso un caro amico degli assassini. È un mondo stretto. Senza aria alle finestre e senza sogni. Tutto compreso qui, fra il Bar Club 1 e questa lavanderia con un parcheggio e una panchina davanti.

Passano le auto sulla strada provinciale, i ragazzi fumano le sigarette elettroniche, entrano, escono, fumano ancora, giocano a biliardino, raccontano. Questo amico degli assassini ha 17 anni, dà nome, cognome e numero di telefono: «R. aveva provato la coca. Lo ha raccontato qui davanti alla lavanderia. Gli era piaciuta molto. Si sentiva proprio bene, carico. Aveva tirato calci a una porta e sfondato una finestra a pugni. Mi ricordo che aveva detto di essersi sentito come un supereroe. Secondo me, per combinare quello che hanno fatto l’avevano presa entrambi. E poi so che fumavano anche le canne e l’oppio».

R. è il timido, il ricco, il figlio dei ristoratori ammazzati a colpi d’ascia. Invece M. è il povero, l’estroverso, quello pieno di fidanzate, quello che ogni giorno posta una foto nuova su Instagram riflessa nello stesso specchio di casa: muscoli addominali, fumo dalle narici, un balletto, un ciuffo. «Ogni tanto si arrabbiava, ma niente di che. Una volta ha sfasciato la televisione perché era stato lasciato da una ragazza». Ma torniamo al timido R. «Posso dire questo, con le fidanzate aveva sempre paura di essere rifiutato. Forse ne aveva avuta una. Non era molto sicuro di sé. La madre la odiava proprio. Diceva frasi tipo: Quella t… di mia madre! Quella p…! Voleva essere lasciato in pace, non andare a scuola. Mentre la madre insisteva perché frequentasse l’istituto tecnico, per prendere il diploma. Chiedeva cose normali, la madre di R. era uguale a mia madre». Tu li hai mai visti litigare? «Sì, un giorno ero a casa loro. Pomeriggio. La madre si è arrabbiata perché R. gli aveva preso 10 euro dal portafoglio senza chiedere il permesso. È venuto fuori un litigio di tre ore, voglio dire una rissa. Una cosa infinita. Lui la riempiva di parolacce. Urlava. Era fuori di sé. Al punto che ho preso e me ne sono andato».

Due chilometri e 200 metri. Questa è la distanza fra la casa del timido R. e quella dell’estroverso M. A metà strada, c’è questa lavanderia e un pezzo di campagna illuminato adesso dalle luci innaturali delle telecamere. Cosa facevano R. e M. prima di diventare due assassini? «Erano stati bocciati entrambi. Ma R. cercava ancora di venire a scuola, M. invece tagliava quasi sempre. Alle volte stava tutta la notte a giocare alla XBox, sai Fifa 2016? Quello del calcio. Così di mattina cercava solo un posto per andare a dormire». E poi? «D’inverno la discoteca Caprice, d’estate all’Ipanema. Certe volte M. andava a fare i tuffi dal pontile di Lido di Volano». E poi, cos’altro? «Te l’ho detto. Le canne, queste sigarette elettroniche». Qual è l’ultima volta che l’avete visto? «M. era scomparso da due settimane, una cosa strana perché lui era sempre in giro, non so dove fosse finito», dice adesso una sua amica. Ma il pomeriggio del giorno successivo all’omicidio era di nuovo qui, al solito bar a giocare a biliardino. Erano le 17. «Sembrava la persona più tranquilla del mondo», dicono tutti.

Insegne lungo la strada: Bar Sport, Universo Capelli, da J Pizza, la macelleria con «somarino, cinghiale e salsiccia». «Te non ci credi, ma noi siamo traumatizzati», dice un altro amico con il berretto nero di lana in testa. Anche lui ama quelle sigarette che svaporano, con una grossa ricarica piena di liquido. «Noi le telecamere le avevamo viste solo in televisione, ora stanno tutte qui. E tutti ci fate la stessa domanda, i giornalisti, i genitori, i vecchi del paese. Io non ci dormo la notte, ma non avevo capito. Erano amici miei. Erano amici di tutti, eravamo sempre qui insieme. Ma non ho mai visto un segno, qualcosa che mi facesse pensare a quello che poi hanno fatto». Ma chi comandava fra i due? «Entrambi si mettevano i piedi in testa, a seconda dei giorni. Erano cose normali, scherzavano. R. aveva i soldi, i genitori con il ristorante. Invece M. era sempre in cerca di 10 euro per comprarsi da fumare». Fra la lavanderia e la strada di casa, il piano era questo: 80 euro di anticipo e mille euro a lavoro concluso per uccidere i genitori di R a colpi d’ascia. Deve essere sembrato un buon affare ad entrambi.

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lastampa/Il ragazzo che ha ucciso i genitori con l’amico: “Con la cocaina mi sento come un supereroe” NICCOLÒ ZANCAN – INVIATO A PONTELANGORINO (FERRARA)

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