Tiziana. La madre accusa: ‘plagiata dal fidanzato e mortificata dalla sentenza’

Il racconto agli inquirenti: “Negli ultimi giorni stava male soprattutto per quella decisione, sentiva che...

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Il racconto agli inquirenti: “Negli ultimi giorni stava male soprattutto per quella decisione, sentiva che non era stata fatta giustizia”

Un giardino semplice e curato Due sdraio, una panchina, la tettoia di tegole e molto verde Tiziana, 33 anni, Tizi per un periodo felice e lontano della sua vita, si è suicidata guardando questo scorcio di prato e pace, nella casa di sua madre e sua zia, nel cuore dell’hinterland napoletano.

Si è tolta la vita stringendosi al collo un foulard azzurro che aveva collegato a una macchina della piccola palestra privata. Ma l’ha soffocata, prima, la diffusione tossica di quei video. E ora sua madre, Maria Teresa, 58 anni, in una dolorosa e lunga testimonianza in mano agli inquirenti della Procura di Napoli Nord, punta il dito contro S., l’ex fidanzato di Tiziana.

È sconvolgente, per lucidità e dettaglio, il racconto della donna. Stando a quelle tre pagine firmate da una donna prostrata dal dolore, S. il compagno di Tiziana per un anno e mezzo, l’uomo che secondo il “narrato” di quei video hard sarebbe stato il compagno tradito da una ragazza bella, libera e gioiosamente desiderata, era in realtà – per sua madre, che riferisce i racconti di Tiziana – pienamente coinvolto in quel perverso e tragico gioco costato la vita a Tiziana. Aveva indotto sua figlia – aggiunge la madre – a girare i video con cinque o sei uomini, S. provava piacere nel sapere e nel vedere che lei si prestava a quegli incontri. Non solo: sempre il fidanzato le aveva procurato l’avvocato e aveva partecipato alle spese processuali della battaglia giudiziaria contro la diffusione di quei filmati. Una contesa che, forse, se si fosse sentito ingannato da quelle scene hot, S. non avrebbe mai accettato di intraprendere al fianco di Tiziana.

“Cosa devo dire adesso? Da dove devo cominciare? Tutto quello che si poteva e doveva fare, i social network, la rimozione, la responsabilità delle persone, si doveva fare prima. Per la vita di Tiziana, la mia unica figlia: che mi sono cresciuta da sola perché quel padre di cui porta il cognome, non è mai stato un padre. Non si è mai, fin dalla nascita, interessato a lei”.

Le dieci di sera, una caserma dei carabinieri. Comincia così a dilagare il dolore di una madre. Il racconto viene ricostruito a fatica, tra mille interruzioni, dinanzi al pm Rosanna Esposito, al capitano Antonio De Lise, e a pochi (tutti turbati) sottufficiali.

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LA VERGOGNA E IL DRAMMA
“Mia figlia aveva provato il suicidio altre due volte. Da questa storia non riusciva più a liberarsi. Certo, era una ragazza sensibile… Ha convissuto per circa un anno, dall’estate del 2014 al settembre del 2015, con S., il suo fidanzato. Tiziana non era forte, forse anche per i suoi trascorsi. Difatti non aveva mai avuto un padre, non a caso aveva provato la via giudiziaria per cambiarsi il cognome, perché quello apparteneva a un uomo che non era mai stato un padre. Poi diventò sofferente, a volte si rifugiava nell’alcool. Ma era sempre stata una ragazza sana, normale, senza perversioni, senza autolesionismi”.

CAMBIATA DA QUELL’UOMO
Poi, secondo sua madre, eccolo il pericolo. Arriva S. quarant’anni circa. “Secondo me, lui la plagiava. Andarono a vivere insieme, e durante la sua convivenza io la vedevo cambiata. Tra me e lei c’era un particolare legame eppure lei aveva deciso di allontanarsi e lui mi dava sempre una brutta impressione… anche se mia figlia non mi ha mai raccontato qualcosa in particolare. Solo una volta, prima del Natale del 2015, la vidi sconvolta”.

Il motivo? “Tiziana – continua sua madre – mi raccontò di alcuni giochetti fatti con quell’uomo. Una sera ritornò di notte, forse era il novembre 2015, riferì che aveva litigato con lui. Era ubriaca. Si rifugiò in casa mia per quella sera. Venni a sapere che avevano fatto un video che aveva avuto una diffusione virale. Voi mi chiedete dei video che poi uscirono… Io posso precisare che gli stessi video furono girati nel periodo della sua convivenza”. La donna aggiunge alcuni nomi di uomini, dice che proprio S. la mandò in Emilia a casa di alcuni suoi amici.

“Tiziana mi riferì che sempre il suo compagno l’aveva indotta a girare alcuni video per far piacere a lui, con altri uomini. Considerata questa costrizione, lei aveva deciso di avere rapporti sessuali, ripresi con una telecamera, quantomeno con persone che lei gradiva. Il suo compagno, in realtà, non era presente a quei rapporti sessuali, ma provava piacere a sapere che lei andava con altri e nel vedere i filmati. E anche nel filmato più diffuso, in cui si parla di tradire il fidanzato, posso dire che quell’uomo, per me, ne era a conoscenza. In un filmato, quello girato nella cucina della loro abitazione, si sente la voce dell’uomo e compare una sagoma riconducibile a mio avviso a questo suo compagno”. Non solo. La madre riprende dopo un altro crollo. “Tra l’altro il compagno di mia figlia cercò di rassicurarmi, nel corso di un nostro dialogo, che nei video diffusi in rete non era presente Tiziana ma c’era un fotomontaggio e che avrebbero provveduto a difenderla”.

Poi lei lancia l’accusa più pesante. Ma tutta da provare. “Secondo me, i video furono pubblicati dal suo compagno per costringerla a rimanere con lui. Ma lei per la vergogna temporeggiò, rinviò questo ritorno a casa nostra. Le chiesi spiegazioni… Mi disse che ci voleva tempo, che non era facile nemmeno per lei”. Si separarono, ma non pacificamente. Lei a volte tornava con lividi. La mamma sostiene che forse lui voleva lucrare.

LA BATTAGLIA GIUDIZIARIA
“C’erano le cause in corso e dovevano sentirsi per forza. A Tiziana non andava di curare la causa giudiziaria, mentre quell’uomo ha sempre avuto interesse alla causa. Tra l’altro, all’esito del procedimento civile, mia figlia chiese sempre a lui di contribuire alle spese. Inizialmente lui si rifiutò, e poi mi sembra che acconsentì a partecipare. Tiziana voleva cambiare anche la sua avvocatessa, aveva saputo solo da un altro amico che la legale aveva postato su Facebook la notizia che aveva vinto la causa contro Facebook, neanche era stata avvisata”. E soprattutto, c’era l’ultimo pesante turbamento: quella preoccupazione di dover versare circa 20mila euro. “All’esito del ricorso del Tribunale – conferma sua madre – quando mia figlia ha saputo che doveva pagare delle ingenti spese legali, era mortificata. Voleva far pagare tutte le spese al suo fidanzato perché lo riteneva colpevole”.

Gli ultimi giorni sono stati lo stillicidio di una sofferenza ormai intollerabile. “Stava male, ormai. Stava male per tutto quello che vedeva e sentiva, e in particolare per l’esito del procedimento anche perché riteneva che non era stata fatta giustizia, in particolare nei confronti dei piccoli editori che l’avevano calunniata “. Formalmente resta un suicidio. Ma è sua madre a consegnarci la cronaca di un massacro.

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