Telecomunicazioni: terza, seconda e prima classe. Ma se le reti le paga lo Stato….

Per lo sviluppo della rete di telecomunicazioni è iniziata una nuova fase grazie alle gare...

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Per lo sviluppo della rete di telecomunicazioni è iniziata una nuova fase grazie alle gare Infratel e quindi la corsa delle compagnie ad accaparrarsi il gratis per andare oltre la gara sulla fibra ottica di livello inferiore, quella fino agli armadi, che ora corre fino a 100-200 megabit al secondo. Con la nuova si arriverà a un gigabit, sempre che lo Stato paghi per regalare (come sempre).

L’Italia, come il lupo, perde il vizio ma non il pelo. Traslando sulle telecomunicazioni, ecco che, come nei trasporti, ritroviamo l’italietta delle littorine con l’Italia dei Freccia Rossa che, nelle telecomunicazioni, si identifica nell’Italia del cavetto di rame (ed in alcuni posti manca anche quello), nell’Italia dell’Adsl potenziata col vectoring e nell’Italia della Fibbra ottica con già un occhio al 5G e IoT quindi: terza classe (con spesso posti in piedi), seconda classe e prima classe (con posti fissi a sedere) il tutto condito in salsa dell’ognuno fa per se e di marcia a righe sfrangiate.

Telecom, Enel, Vodaphone, Tiscali, Wind, ognuno viaggia per proprio conto con propria filosofia sprecando così tempo e risorse (nonché creando disagi infiniti per lavori sempre in corso: finisce uno, comincia l’altro in una corsa che sa tanto del gatto che insegue la coda) e chi ci rimette in questo caos ed opportunismo è la nazione tutta, e quindi noi. Oggi si viaggia a compartimenti stagni che poi stagni non sono per cui, alla fine, si rischia di fare la fine del Titanic che finì a fondo con tutta la sua sicumera di nave all’avanguardia.

Ora, forse, qualcosa si muoverà sulla spinta della rincorsa all’affare e al gratis innescata dal Governo con  le gare Infratel per l’ultrabroadband nelle aree definite “deboli” e quindi “a fallimento di mercato” nelle quali la rete verrà realizzata con fondi pubblici e poi affidata a chi se la accaparrerà.

Il primo bando per la realizzazione delle reti nelle prime sei le regioni pronte a partire – Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto – è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale a giugno ed entro l’estate, assicurano dal Governo, partiranno i bandi per tutte le altre Regioni.

Si tratta non di poche aree ma di 7.300 comuni su un totale di 8 mila. In queste aree, gli operatori non hanno ritenuto interessante investire per proprio conto, ma ora, a quanto pare, faranno a gara per prendere la rete pubblica in concessione e offrire i servizi in fibra.

Ciò fa prevedere un’estate calda anche sul fronte della fibra ottica in Italia, con Telecom Italia che prevede l’apertura tra luglio e agosto di 4 mila cantieri e viaggia alla velocità di “300 km l’ora” in quanto a dispiegamento di cavi ed Enel che, grazie all’acquisizione Metroweb, può potenziare il piano, e promette ora di coprire 250 città – invece delle 224 annunciate in precedenza – entro il 2021, con un investimento da 3,7 miliardi di euro (invece di 2,5 miliardi). Saranno 9,5 milioni di case (rispetto alle 7,5 milioni del piano precedente) nel periodo 2016-2021. Poi finirà il cablaggio delle prime 10 città – Bari, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Napoli, Padova, Palermo, Perugia e Venezia –  a partire dal secondo trimestre del 2017. L’ultima di queste sarà conclusa nel primo trimestre del 2019.

E la corsa continua anche per gli altri player. Perugia, ad esempio, ha già le prime connessioni, con offerte un gigabit di Vodafone e Wind. Poi c’è Tiscali che sarà anch’essa su rete Enel, come annunciato qualche giorno fa.

Tim dà invece un gigabit già a Milano, Torino, Catania, Perugia e Bari. Coprirà 100 città entro il 2018 con fibra ottica nelle case (in aggiunta a quelle che raggiungerà con fibra ottica fino agli armadi, per un totale pari all’84 per cento della popolazione).

Vodafone offre inoltre 500 Megabit su rete Metroweb a Milano e in alcuni quartieri di Bologna e Torino, mentre Wind passerà ai 500 megabit (dagli attuali 100) su rete Metroweb entro settembre-ottobre.

Non è finita:

Tim e Fastweb qualche giorno fa hanno stretto un accordo per collegare entro il 2020 con fibra nelle case (FTTH) le principali 29 città. Tim acquisirà da Fastweb nei prossimi 18 mesi le infrastrutture con tecnologia FTTH che consentiranno di collegare alla rete Tim circa 650mila unità immobiliari in 6 città. Fastweb invece porterà il numero di unità abitative e sedi business coperte dalla propria rete FTTH dagli attuali 2 milioni a 5 milioni, cioè il 20% della popolazione italiana.
E’ proprio una svolta, se si considera che questi i due operatori hanno basato la propria strategia su una strada opposta ai termini di questo accorso, ossia creare due reti fibra ottica fino agli armadi in modo indipendente e largamente sovrapposte. Fastweb nel contempo sta potenziando la propria rete in fibra fino agli armadi, essendo il primo operatore a offrirvi sopra 200 Megabit (contro i 100 degli altri), ora in 24 città.

Buone notizie per la rete italiana, insomma, che ora corre verso la sola tecnologia a prova di futuro, la fibra ottica nelle case, appunto, ma ci corre sempre con la mentalità ed il vizio dell’Italia delle littorine (terza classe, seconda, prima).

Va detto, infatti, che i piani degli operatori riguardano solo le aree A (delle quattro inquadrate con il piano del Governo), con questa rete. Ossia le città più pregiate.

Poi c’è la fascia B che già decade e quindi sarà coperta solo in parte in questo modo.

Poi la fascia C che, se va bene, riceverà fibra nelle case, di basso livello, con il piano del Governo di cui sopra, che realizzerà una rete pubblica tramite intervento diretto dello Stato.

Infine la fascia D dove invece la sfida sarà quella di sfruttare al meglio tecnologie a banda ultra larga alternative, come il wireless fisso, insieme con la fibra fino agli armadi.

La liberalizzazione porta anche a questo e bisogna digerirlo visto che un operatore unico STATALE come era e come sarebbe logico che fosse in un settore così importante per una nazione, non ha saputo o voluto funzionare bene e correttamente perdendo così l’enorme vantaggio e stimolo di una visione unica e globale di tutto il settore con anche lavori e sforzi tendenti tutti all’unico obiettivo di uno “sviluppo tutti inseme”. Ora, come detto, c’è la liberalizzazione ma, a quanto appare, anche in questo l’italietta non sa farsi valere e rispettare imponendo impegni e obiettivi inderogabili e fissi TUTTI a carico dell’imprenditore per cui, ecco che l’imprenditore (come del resto è logico che sia con tre occhi al profitto) fa il minimo indispensabile e solo là dove gli conviene tantissimo e per il resto …… per il resto aspetta il boccone in regalo che, prima o dopo, sa che arriverà. Ora c’è l’osso dell’Infratel per l’ultrabroadband ed ecco allora che le mute dei cani imprenditori si mettono subito a correre per afferrare il bocconcino. Non resta che stare alla finestra sperando in qualcosa di non troppo schifoso visto che, di sicuro, di bene non è che ce ne sarà veramente per noi cittadini e che quindi qualche scheggia d’osso, alla fin fine, giunga anche agli utenti (senza grossi spennamenti di bollette).

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