Olimpiadi Rio: le minacce sui giochi

Mancano pochi giorni all’inizio delle Olimpiadi di Rio e un’ondata di arresti in Brasile sottolinea...

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Mancano pochi giorni all’inizio delle Olimpiadi di Rio e un’ondata di arresti in Brasile sottolinea le minacce sui giochi del terrorismo per il quale il livello d’allarme è stato elevato a 4 in una scala che va da 1 a 5, quasi all’emergenza attacco in corso, quindi. Il pericolo di attentati, durante le Olimpiadi, è indubbiamente rilevante, lo è sempre stato ma ora c’è anche l’ISIS e le pagine che ha “postate” in rete, in portoghese, l’allarme dell’agenzia di intelligence Abin, le dichiarazioni del ministero della Difesa brasiliano, il fermo nelle ultime ore effettuato dalla polizia di un cittadino di origini libanesi che aveva giurato fedeltà al Califfo, sono fattori che dimostrano l’entità del rischio.

L’ombra del terrorismo sull’Olimpiade di Rio 2016 è il tema dell’articolo di Ottolenghi per la Stampa che vi proponiamo per approfondire il tema:

Ondata di arresti in Brasile: il terrorismo minaccia Rio2016 EMANUELE OTTOLENGHI*

Confini insicuri e alta presenza di islamisti: il Paese a rischio attentati
A pochi giorni dall’inizio delle Olimpiadi di Rio, un’ondata di arresti in Brasile porta in primo piano la minaccia terrorismo. Il 28 luglio le autorità brasiliane hanno fermato Chaer Kaloun, brasiliano di origine libanese tornato dalla Siria dove aveva giurato lealtà allo Stato Islamico. L’arresto di Kaloun segue di pochi giorni quello di dodici accusati di pianificare attentati per conto di Isis. Lo stesso giorno la polizia federale aveva anche arrestato Fadi Nabha, un pregiudicato libanese, ex miliziano di Hezbollah, che conserva stretti contatti con l’organizzazione terroristica libanese. Il 23 luglio la stampa brasiliana aveva suonato l’allarme sul caso di Pouria Paykani, un iraniano arrivato in Brasile dall’Uruguay con un visto turistico. Paykani ha visitato l’aeroporto internazionale di San Paolo e quello di Porto Alegre, fotografandone i terminali, prima di sparire, eludendo la sorveglianza delle autorità. È ora ricercato con mandato di espulsione.

Tutto questo accade solo una settimana dopo l’annuncio dell’arresto di dodici brasiliani con legami con lo Stato Islamico accusati di pianificare un attacco terroristico e a poco più di un mese delle rivelazioni, pubblicate dalla rivista brasiliana «Veja», che un ex-detenuto qaidista di Guantanamo, Jihad Ahmad Deyab, avrebbe attraversato illegalmente la frontiera tra Uruguay e Brasile facendo poi perder le sue tracce.

Il rischio terrorismo insomma è altissimo per almeno tre motivi. Esiste una massiccia presenza islamica radicalizzata in Brasile, di matrice sia sunnita che sciita. I controlli di frontiera sudamericani sono quasi inesistenti, permettendo ai terroristi di circolare liberamente, sfruttare le economie locali per riciclaggio del denaro sporco e finanziamento del terrorismo. Ed esistono gravi lacune legislative che limitano la capacità e le risorse per sorvegliare le reti terroristiche. Il problema per il Brasile è particolarmente acuto nella cosiddetta zona della tripla frontiera, dove il fiume Iguazú confluisce nel Paraná, creando un confine naturale dove si incontrano Argentina, Brasile e Paraguay. Il triangolo di Iguazú è noto per le cascate e per la zona commerciale sul lato paraguagio, ma anche per il contrabbando, la vendita di prodotti contraffatti, il riciclaggio del denaro sporco dei cartelli della droga, il traffico di armi e sigarette e i laboratori di droghe sintetiche.

I controlli frontalieri sono inesistenti. La merce arriva di notte con voli da Miami e dall’Africa occidentale. Le autorità doganali sono pagate per non controllare e molti dei politici e dei pubblici ministeri della zona sono al soldo delle organizzazioni criminali, con una massiccia presenza islamica che include Hezbollah, Hamas, il ministero dell’intelligence iraniano e, a dir di fonti locali, anche al-Qaeda e lo Stato Islamico.

Hezbollah è presente nel triangolo e preoccupano quindi le notizie di arresti di suoi operativi, oltre alla presenza sul territorio brasiliano di un possibile agente dell’intelligence iraniano. La comunità sciita libanese nel triangolo ha forti legami con San Paolo e Rio; e il network di sceicchi di Hezbollah nel Paese copre comunità lungo l’intera frontiera tra Brasile e Paraguay. Da anni Hezbollah coopera con le organizzazioni criminali sudamericane, sia nel riciclaggio che per il trasporto di armi e droga. Non è da escludere quindi che tale rete possa ora servire a facilitare la consegna di armi e fondi a cellule pronte a colpire durante le Olimpiadi. Lo stesso vale per le organizzazioni islamiche radicali sunnite, che utilizzano gli stessi luoghi, metodi e a volte persino intermediari cui ricorre Hezbollah nel triangolo di Iguazú. Di certo entrambi i movimenti hanno approfittato della mancanza di legislazione in Brasile contro l’incitamento all’odio per inviare figure religiose estremiste con lo scopo di radicalizzare le comunità locali.

Sul fronte sunnita, è di gennaio la visita di Mohammad Al-Arifi, predicatore sunnita salafita legato allo Stato Islamico e ricercato in Europa. Nel 2015 a novembre Seyyed Ahmad Fadlallah, sceicco sciita vicino all’Iran, visitò i centri sciiti del Brasile, a giugno invece toccò a Hassan Khomeini, nipote del fondatore della Repubblica Islamica in Iran. I predicatori non fanno mistero delle loro intenzioni. Indottrinano il pubblico e garantiscono il sostegno locale alle organizzazioni e alle ideologie che rappresentano. Il terrorismo islamico insomma dispone di un’ampia rete locale per fornire denaro e assistenza logistica ai suoi agenti. Gli arresti degli ultimi giorni, lungi dal rassicurare, mostrano come il Brasile sia terreno fertile per un attentato di matrice islamica.

*WASHINGTON – Emanuele Ottolenghi Foundation for Defense of Democracies

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