Mosca bombarda l’Isis dalle basi a Teheran

Sul fronte delle operazioni militari anti-Isis la Russia è protagonista:ha iniziato a bombardare lo Stato...

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Sul fronte delle operazioni militari anti-Isis la Russia è protagonista:ha iniziato a bombardare lo Stato islamico in Siria sfruttando le basi aeree iraniane. Le stesse da cui potrebbe effettuare raid anche in Iraq. E non è tutto: il Cremlino lavora in Libia a una strategia che ruota attorno alla figura del generale Khalifa Haftar, uomo forte di Bengasi.

Leggiamo cosa, nel merito, scrive oggi Lucia Sgueglia su la Stampa:

Siria, i caccia di Mosca bombardano l’Isis dalla base di Teheran LUCIA SGUEGLIA

Lo Stato islamico sul Web: lupi solitari, colpite in Europa e Italia

MOSCA – Un risparmio di tempo, carburante e denaro, e la possibilità di trasportare «un carico pieno di bombe», 22 tonnellate a viaggio. Con motivazioni ufficiali «tecniche», Mosca per la prima volta dall’inizio della campagna in Siria a sostegno di Assad usa il territorio di un’altra nazione, l’Iran, altro alleato di Damasco, per colpire la Siria (ma in futuro da qui potrebbe compiere anche raid nel nord dell’Iraq). Ampliando la geografia della propria presenza in Medio Oriente, con un passo altamente simbolico dopo il riavvicinamento tra Putin ed Erdogan.

Un numero imprecisato di bombardieri a lungo raggio Tupolev-22 e caccia Sukhoi Su-34, coperti da aerei provenienti dalla base russa di Hmeymim a Latakia, sono decollati dall’aerodromo di Hamadan, nord-ovest dell’Iran. Mai dal ’79 la Repubblica Islamica aveva permesso tanto a una potenza straniera. Destinazione Aleppo, Deir ez-Zor e Idlib, per colpire «obiettivi dello Stato Islamico e di Al-Nusra», conferma dopo indiscrezioni dei media il ministero della Difesa russo. Gli aerei però, secondo fonti Usa, sarebbero poi tornati in Russia, e Mosca avrebbe avvisato preventivamente Washington. La notizia giunge poche ore prima della diffusione dell’ultimo video dell’Isis, un appello ai lupi solitari presenti in Usa e in diversi Paesi europei, compresa l’Italia, a compiere attacchi.

La nuova rotta utilizzata dai jet di Mosca riduce le distanze di volo per la Siria del 60%, da 2000 chilometri a 900. Impossibile da percorrere senza l’assenso delle potenze regionali: anche l’Iraq avrebbe detto sì al sorvolo. Nel frattempo, nelle acque del Caspio al largo di Baku, Azerbaijan, dove il 9 agosto si era riunita «la nuova troika del Caspio» con Putin e Rohani, dal 15 al 20 agosto si svolgono manovre militari della Marina russa. A bordo delle navi sarebbero arrivati anche missili Cruise russi «Kalibr», ad alta precisione: Mosca una settimana fa avrebbe chiesto (e già ottenuto per i media russi) l’assenso di Teheran e Baghdad per il sorvolo. Non è la prima volta: nel 2015 la Russia colpì obiettivi siriani dalle proprie navi nel Caspio.

Possibile vi sia anche un tacito accordo con Ankara, o quantomeno un silenzio-assenso. Idem per Israele. Procede spedito il riavvicinamento Russia-Iran dopo la fine delle sanzioni contro Teheran, in direzione diversa da quella sperata dagli Usa. «Teheran e Mosca hanno una cooperazione strategica nella lotta al terrorismo in Siria», dice il capo del Consiglio supremo di sicurezza nazionale iraniano, Ali Shamkhani. Va ricordato che esiste già, a Baghdad, un centro di coordinamento militare russo-iracheno-iraniano sulla Siria.

Ancora una volta Mosca corre in aiuto di Assad in un momento di difficoltà. Finora i raid russi partivano da due basi, Mozdok nel Nord Caucaso e Hmeymim. Ma quest’ultima non è adatta a ospitare i mastodontici Tu-22, e al momento è pericolosa data la ripresa dei combattimenti in zona. Ai primi di agosto Putin ha chiesto alla Duma alta di ratificare l’accordo dell’agosto 2015 con Damasco sul dispiegamento dell’aviazione in Siria. Ora un senatore russo propone un voto analogo sull’Iran. Ma per gli esperti la mossa di Putin ad Hamadan è tattica.

Cruciale la tempistica: a quasi un anno dall’avvio dei raid russi, il 30 settembre 2015, a un mese dal rinnovo della Duma e alla vigilia del voto Usa. Mosca e Washington «sono vicini a un’intesa» su Aleppo, per il ministro della Difesa Shoigu, ma per Washington è no comment. Entrambi pensano a Raqqa.

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