“La vita di mio figlio morto è ancora nel telefonino, ma ora Cupertino nega il mio diritto ai ricordi”. LAURA MONTANARI*

“Quando guardo quel telefonino spento penso a una porta chiusa, Apple mi sta negando una...

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“Quando guardo quel telefonino spento penso a una porta chiusa, Apple mi sta negando una parte dei ricordi di mio figlio, le ultime foto che ha scattato, le ultime conversazioni con gli amici. E tutto perché non conosco i quattro numeri del codice di accesso”. Leonardo Fabbretti, 56 anni, è un architetto di Foligno. Ha scritto una lettera a Repubblica per raccontare la sua storia e quella di suo figlio Dama, scomparso lo scorso settembre. “Dama a era con noi dal 2007, da quando lo avevamo adottato dall’Etiopia – racconta al telefono – , era orfano e aveva vissuto un anno in strada. Due anni fa gli è stato diagnosticato un osteosarcoma e dopo cicli di chemioterapie e tanta sofferenza, cinque mesi fa ci ha lasciato. Qui nella cameretta ho il suo cellulare, un iPhone 6 e non posso accenderlo, lo trovo così ingiusto…”

Ha chiamato la Apple?
“Certo. Ho contattato il numero verde. Più volte. Sono stati gentili, hanno aperto la pratica, mi hanno fatto le condoglianze, ma mi hanno detto che serviva il codice di accesso per poterlo accendere”.

E lei non lo conosce?
“No, Dama lo cambiava spesso come fanno i ragazzi… Ma lui mi aveva dato l’accesso al cellulare con l’impronta digitale… io pensavo potesse bastare quella. Invece una volta spento ho scoperto che bisogna comunque immettere quel maledetto codice. Dentro il suo cellulare ci sono le ultime fotografie che Dama ha scattato: per me sono preziose, sono i suoi ricordi. Non posso accettare che mi siano tolti”.

Non aveva fatto un backup?
“Sì, ma l’ultimo è di tre mesi prima della sua scomparsa. Foto e contenuti precedenti io ce li ho, mi mancano invece quelli degli ultimi tre mesi che si trovano soltanto sull’apparecchio”.

Lei cosa ha fatto?
“Ho cercato in rete dei programmi pirata che promettono di entrare nel sistema e sono al massimo riuscito a scaricare la sua rubrica telefonica, nient’altro. Però non voglio che la storia si chiuda così”.

Si è rivolto alle associazioni dei consumatori?
“Le ho provate tutte. Ho scritto a un’associazione di avvocati e mi hanno detto che secondo loro ci sono gli estremi per una causa. Ho chiamato degli amici ingegneri, degli smanettoni, mi sono rivolto pure a un negozio romano specializzato in materiali informatici… farei qualsiasi cosa pur di poter riaccendere quel cellulare, mi può capire? Sono passati cinque mesi da quando Dama ci ha lasciato e sapere che ho qui cose che lui ha scritto o foto che ha scattato e che non posso leggere e vedere lo trovo terribile… disumano. Mi negano i suoi ricordi”.

Però esiste un problema di privacy. Può essere che Dama non volesse farvi leggere le sue conversazioni?
“Lo escludo, Dama mi aveva dato l’accesso tramite l’impronta digitale e ingenuamente ho pensato che bastasse quella. C’ero entrato altre volte, lo avevo usato io il suo cellulare. Poi quando mio figlio ci ha lasciato, dopo qualche giorno, sono andato a riaccenderlo e ho immesso dei codici familiari che in passato abbiamo utilizzato, date di nascita, ricorrenze, compleanni…”

Invece?
“Erano sbagliati e ad un certo punto il cellulare si è disattivato ed è apparsa la scritta iPhone disabilitato”.

E lei ha chiamato Apple.
“Al call center ho spiegato quello che era successo, avevo la fattura dell’acquisto, 900 euro. Tutto regolare. Loro sono stati comprensivi, dispiaciuti, ma irremovibili”.

Adesso cosa farà?
“Continuerò la battaglia per recuperare i dati dell’iPhone di mio figlio, non mi arrenderò. Era anche minorenne, io ho il diritto di accedere a quel telefonino. C’è dentro un po’ della vita di Dama e non voglio che mi sia sottratta così. Mi hanno detto che l’unica operazione possibile è resettare l’apparecchio, ma così perderei i dati, si cancellerebbero i contenuti. I vecchi telefonini avevano due codici legati alla Sim, il Pin e il Puk, dimenticando il primo si poteva accedere con il secondo”.

Ha visto cosa è successo in America…
Capisco la privacy ma mi chiedo se all’interno di un iPhone disabilitato ci fosse la password per bloccare l’esplosione di una bomba atomica piazzata dai terroristi a Roma, cosa facciamo? La facciamo esplodere?”

Nel caso Apple non cambiasse linea?
“Se non volesse farmi recuperare i dati chiederei i danni, da devolvere in beneficenza all’Associazione Centro Aiuti per l’Etiopia attraverso la quale io e mia moglie Roberta abbiamo adottato Dama”.

*larepubblica

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