Qualità di vita, sei provincie siciliane agli ultimi posti

Tutte le provincie siciliane hanno un calo. Su base regionale riemerge anche la contrapposizione Nord-Sud...

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Tutte le provincie siciliane hanno un calo. Su base regionale riemerge anche la contrapposizione Nord-Sud con Sicilia e Calabria in fondo alla classifica.

La classifica sulla “Qualità della vita 2019” è stata stilata da “Il Sole 24 Ore” e giunta alla trentesima edizione. Una graduatoria che condanna la Sicilia, con 6 città dell’Isola negli ultimi dieci posti. L’ultima classificata è Caltanissetta, penultima Crotone, terzultima Foggia. A seguire c’è Enna al quartultimo posto, a seguire Vibo Valentia, Agrigento, Trapani, Messina, Isernia e Palermo.

Nella top ten delle peggiori c’è il capoluogo, Palermo al 98esimo posto, che precede di una posizione Catania. La prima delle siciliane per qualità della vita è Ragusa, all’ottantesimo posto, la seconda Siracusa, all’85esimo.

Milano conferma la propria leadership e vince per il secondo anno consecutivo, vantando più record. Oltre alla prima posizione nella classifica generale, ottiene anche il primato nella categoria “Affari e lavoro”, il secondo posto nella classifica di tappa “Ricchezza e consumi” e il terzo in “Cultura e tempo libero”.Il capoluogo lombardo con la sua provincia si trova invece in ultima posizione in “Giustizia e sicurezza”, specialmente per numero di reati denunciati e litigiosità. Un dato tuttavia che potrebbe essere letto nel senso che a Milano, a differenza di altre realtà geografiche, soprattutto al Sud, i cittadini denunciano di più i reati. Subito dietro il capoluogo lombardo, nella classifica generale 2019, si confermano le province dell’arco alpino. Sul podio ci sono anche Bolzano e Trento, rispettivamente al secondo e al terzo posto, seguite da Aosta. A spingerle sono i record “di tappa”, ovvero le macro aree tematiche di cui è composta la classifica generale: Aosta è prima in “Ricchezza e consumi”, Trento vince in “Ambiente e servizi” e Bolzano in “Demografia e società”. Per gli altri record di tappa, Oristano è prima in “Giustizia e sicurezza” e Rimini in “Cultura e Tempo libero”.

La graduatoria ha infatti tenuto conto dei seguenti elementi: “Ricchezza e consumi”, “Affari e lavoro”, “Ambiente e servizi”, “Demografia e società”, “Giustizia e sicurezza”, “Cultura e tempo libero”. La fotografia restituisce una performance positive di tutte le province delle grandi città, come anche Roma, diciottesima che sale di tre posizioni rispetto alla classifica dello scorso anno. Napoli, pur essendo nella metà inferiore della classifica generale (81°), rispetto alla scorsa edizione della Qualità della vita ha all’attivo una salita di 13 posizioni. Sulla stessa linea le performance di Cagliari, che fa un balzo di 24 posizioni (20°), Genova sale di 11 gradini (45°), Firenze di sette (15°) e Torino è 33esima (+ 5 sul 2018). Infine, Bari mette a segno un incremento di 10 posizioni, raggiungendo il 67° posto. Bologna in calo pur restando nella parte alta della classifica al 14° posto.

Nella classifica alta si trovano anche le province più vivibili, quali Trieste (5ª) e Treviso (8ª), quest’anno entra la provincia di Monza e Brianza, che sale di 17 posizioni fino alla sesta, Verona che ne guadagna sette e arriva al settimo posto e – a chiudere la top ten – Venezia e Parma che salgono rispettivamente di 25 e 19 piazzamenti.

Su base regionale riemerge anche la contrapposizione Nord-Sud, con il Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia sul podio, seguite dal Veneto presente nella top 10 con tre province, dall’Emilia Romagna che cresce in particolare nella classifica di tappa “Affari e lavoro” e poi la Lombardia. In fondo alla classifica, invece, ci sono Sicilia e Calabria, rispettivamente ultima e penultima.

Delle città siciliane in coda alla classifica c’è Messina, scesa di 4 posizioni e alla centesima posizione, davanti Trapani (centounesima e in calo addirittura di 12 posizioni) e Agrigento (centoduesima e arretrata di 9). Alla posizione 104 c’è Enna (meno due posizioni) e infine Caltanissetta, fanalino di coda d’Italia descritto dal Sole24Ore come un luogo che ha perso 11mila abitanti per aver sofferto di “decenni d’isolamento e criminalità”.

“Le province siciliane sono all’ultimo posto della graduatoria nazionale da 73 anni e vi staranno ancora per molto se non saremo capaci di cambiare mentalità noi che facciamo finta di voler cambiare ma ci adagiamo sul proverbio meglio il cattivo conosciuto che il buono da scoprire”. Lo ha detto il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, a Gela, commentando i dati sulla qualità della vita nelle province italiane del Sole 24 ore “Dobbiamo recuperare tantissimo arretrato – ha detto – ci sono 4 miliardi da spendere, ma non ho trovato alcun progetto nei cassetti della Regione; non abbiamo trovato tecnici perché dal 1991 non si fanno concorsi mentre qualche uccello del malaugurio cerca di far dimenticare il disastro del passato. E siccome non sono ricattabile e non mi faccio per la giacca da nessuno, vado avanti tranquillo perché devo rendere conto solo al popolo siciliano”.

In merito poi alla viabilità in Sicilia, Musumeci ha detto che “le strade nella nostra isola sono una tragedia, una vergogna. La manutenzione è a carico o dello Stato o delle Province su 3 mila 700 km di strade statali e 17 mila km di strade provinciali. Ebbene, hanno distrutto le province e nessuno si è preoccupato di dire chi si deve occupare delle strade provinciali”.

Interviene anche Cgil Sicilia “La classifica del Sole 24 ore sulla qualità della vita in Italia, che vede le province siciliane negli ultimi posti, è la drammatica conferma della crisi che investe l’Isola a fronte della quale non si può che registrare l’inadeguatezza della politica, incapace di produrre interventi che determinino una inversione di rotta”.

E continua il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino “Dagli indicatori sulla salute a quelli sui servizi all’infanzia e alla collettività, da quelli sulla ricchezza e i consumi a quelli sulla vivibilità: tutto concorre a dare alle province siciliane la maglia nera”.

Mannino aggiunge che “i temi dello sviluppo sostenibile, della vivibilità delle città, della tutela del territorio, dei diritti al lavoro, all’istruzione e alla salute, del rilancio delle aree interne sono al centro dell’iniziativa della Cgil, ma attendiamo ancora risposte credibili. La sensazione è che la politica continui a galleggiare su problemi che si aggravano sempre di più e che determinano effetti disastrosi a catena, uno di questi l’emigrazione giovanile che sottrae all’isola capitale umano sul quale si dovrebbe invece investire. Ritengo che non sia più tempo di tenere la testa sotto la sabbia”.

L’opinione.

In Sicilia (e in Italia), da destra a sinistra, sembrerebbe che non siano mai stati al Governo, quando storicamente si sono alternati da decenni, oppure c’erano anche misti a seconda degli interessi. La Sicilia in particolare è ridotta ad un cumulo di debiti, tasse, sottosviluppo, disoccupazione, emigrazione, viabilità e infrastrutture da terzo mondo. Tuttavia bisogna anche dare atto al centrodestra e al centrosinistra che: la strategia del voto di scambio specialmente sociale, il favoritismo, il mercimonio, il trasformismo, anche le istituzioni in parte inquinate, clientelari e quasi tutte omertose, come pure il diffuso bisogno; funzionano ai fini elettorali. Non a caso sempre gli stessi, direttamente o per traverso oppure tramite prestanome, sono da sempre al Governo regionale siciliano (e italiano). E questo incancrenimento etico-politico ha finito con il radicarsi nella normalità culturale e purtroppo anche delle recenti generazioni. La Sicilia è tenuta da anni sotto scarpa, grazie pure a contorte e ingannevoli leggi, nazionali e regionali, le quali assoggettano, analogamente alla mafia, i siciliani produttivi, lavoratori, privati e operosi, opprimendoli con il pizzo legalizzato (l’estorsione fiscale), al silenzio e al timore di qualunque ritorsione anche verso i familiari. Da queste pagine (e non solo), per annosa esperienza in trincea si è più volte proposto alla politica di dare ai cittadini qualche forzoso e concreto strumento di base, non costoso e sollecito, affinché legittimamente e civilmente possano vigilare sulla politica e quanto ad essa annesso e connesso “Mafia nei comuni, legge da cambiare. Ma cambiare pure che i cittadini non hanno alcun forzoso controllo(vedasi seconda parte). Fino adesso non l’ha recepito nessuno. D’altronde siamo in Sicilia e in Italia. Tutto cambia a proclami per non mutare nulla. Fino a che dura.

Adduso Sebastiano

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