Il Consiglio dei ministri impugna la legge di Bilancio 2020 dell’ARS

Il Consiglio dei ministri ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge regionale di variazioni...

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Il Consiglio dei ministri ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge regionale di variazioni del bilancio 2020

Il Consiglio dei ministri impugna la legge di Bilancio 2020 dell’ARS

Il Consiglio dei ministri ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge regionale di variazioni del bilancio 2020, contestando l’intera architettura contabile e finanziaria adottata dal governo di centrodestra del presidente Nello Musumeci e passata al vaglio dell’ARS (Assemblea Regionale Siciliana), sostenendo che alcuni interventi a copertura sono stati fatti facendo leva sull’accordo con lo Stato sulla spalmatura del disavanzo in dieci da 1,7 miliardi nonostante l’intesa in realtà non fosse stata formalizzata e firmata solo successivamente mancando tra l’altro delle previsioni su cui si basava le variazioni.

Ci sono state pertanto tensioni in Assemblea dove è in corso la sessione di bilancio per il previsionale 2021, dopo che i deputati hanno acquisito il testo dell’impugnativa del Consiglio dei ministri davanti alla Corte costituzionale la legge regionale di variazioni del bilancio 2020.

Nell’impugnativa si legge: “La legge regionale, facendo affidamento sulla possibile approvazione della modifica della norma di attuazione che avrebbe previsto il rinvio del ripiano del disavanzo agli anni successivi al 2020 (articolo 7 del D.lgs. 158/2019), dispone la copertura degli oneri mediante utilizzo delle quote di ripiano del disavanzo per l’anno 2020 che sarebbero liberate dal predetto rinvio (414 milioni).”. Ma “tali risorse non possono costituire idonei mezzi di copertura finanziaria in vigenza di una norma di attuazione che prevede il ripiano del disavanzo anche per l’anno 2020“.

Inoltre il Consiglio dei ministri contesta pure la clausola di salvaguardia che prevedeva un meccanismo alternativo di differimento delle quote del 2020 relative al recupero del disavanzo, pari a 421.889.971,86 di euro con una copertura di 351.753.973,32 euro.

“E’ evidente che tale forma di copertura è insufficiente a garantire la copertura delle quote di competenza del 2020 relative al recupero del disavanzo con conseguente violazione dell’obbligo di copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, della Costituzione – si legge nell’impugnativa – Tali profili di incostituzionalità non sono superati neanche alla luce della successiva legge regionale n. 1 del 20 gennaio 2021 (autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio della Regione 2021. Disposizioni finanziarie), laddove prevede, all’articolo 7, l’incremento delle quote di ripiano del disavanzo”.

Per il CdM “tali disposizioni, infatti, si pongono in contrasto con il principio dell’annualità del bilancio, di cui all’articolo 81, quarto comma della Costituzione”. e “le variazioni effettuate con la legge regionale n. 1/2021 sarebbero delle mere operazioni contabili per la sistemazione delle coperture esistenti nel 2020″.

Insomma per il CdM “le quote di ripiano del disavanzo previste per l’anno 2020 non avrebbero potuto costituire idoneo mezzo di copertura finanziaria in vigenza di una norma di attuazione e di una delibera di giunta che prevede il ripiano anche nell’anno 2020 delle quote del disavanzo accertato con il rendiconto 2018″ e “ciò, a maggior ragione, ove si consideri che la stessa quota di ripiano 2020 stanziata nel bilancio e utilizzata a copertura degli oneri della legge in esame, assumendo la possibilità di un ripiano decennale del disavanzo, richiedeva necessariamente come presupposto fondante la sottoscrizione di un accordo non ancora definito all’atto dell’adozione della legge in esame ma sottoscritto solo a gennaio 2021″.

L’opinione.

Alla Regione Siciliana, tanto per non smentirsi, hanno votato una legge di bilancio come se avessero firmato un accordo con lo Stato per il ripiano del disavanzo quando ciò non era avvenuto. Insomma come se si dichiarasse di essere proprietari di una casa senza ancora avere effettuato il rogito. Alla fine, comunque vada, in Sicilia come in Italia, il disavanzo sarà ripianato come sempre dai buoi-contribuenti (quelli che hanno i beni alla luce del sole o che dichiarano il vero reddito) attraverso l’estorsione fiscale (il pizzo legalizzato alle annose e trasversali Cupole costituzionali).

Adduso Sebastiano

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