Fuga da Amatrice: paura del ”Big One”

Ad Amatrice la grande paura del ”Big One” spinge la gente a fuggire. A Civitanova...

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Ad Amatrice la grande paura del ”Big One” spinge la gente a fuggire. A Civitanova sono già 5 mila le persone giunte sulla costa. E c’è chi, come Gabriela, nella tragedia per la prima volta vede il mare. A Norcia, invece, gli sfollati sono in rivolta: non vogliono abbandonare le loro zone e vengono montate le prime tende collettive. Passeranno l’inverno nei container.

La grande paura del Big One: “Nessuno vuole tornare a casa”

Da Leonessa fino alle zone marchigiane, 50 chilometri senza più speranza. “Temiamo il botto, meglio fuggire”. “Prendiamo quattro cose, e via a Roma”

AMATRICE – Dal corso di Leonessa, Cascia e Norcia sono dietro l’angolo. «Al di là del monte Tolentino», indica il vigile urbano che sbarra l’ingresso per tutto il corso della cittadina dell’alto Lazio. Dopo il monte di mille metri, insomma, c’è il cratere scavato dal sisma. Lungo la strada viene prima la città di Rita, poi quella di Benedetto. Devozione vuole che anche Leonessa abbia il suo San Giuseppe. «Che ci protegge», assicura Irene, «non foss’altro perché dal ’79 il terremoto non fa più morti».

Dì là dal Tolentino la tragedia, al di qua la paura. «Ma paura e tragedia sono il rovescio della stessa medaglia», dice Serenella del Leon D’oro che preferisce «dormire per terra piuttosto che in una camera al terzo piano del Leo Hotel…». «Tutti si attendono il botto». «Per questo – riprende Serenella – nessuno vuol tornare nelle case». Una situazione che accomuna zone e cittadini per un raggio di almeno cinquanta chilometri dall’epicentro del terremoto di domenica scorsa. Da Vallumpuni a Vieci passando per Sala e Sant’Angelo fino a Terzone, «Dove abbiamo avuto numerosi crolli – spiega il sindaco di Leonessa Paolo Trancassini – tant’è che nessuno vuole ritornare nelle case». A prescindere «se siano lesionate o fortemente danneggiate…».

In tutto il montepiano dell’alto Lazio fino alle zone marchigiane nessuno ha più voglia «di stare in casa – commenta un operaio della pasticceria Battilocchi – si dorme in macchina, non sappiamo come finirà questa storia…speriamo solo che quest’anno bisestile si concluda in festa e non in tragedia». Già, la tragedia: la parola risuona da Albaneto a Favischio fino a Monteleone di Spoleto e Posta. «E’ come se fossimo tutti sospesi, ma cosa possiamo fare: lasciare tutto? – dice Paolo titolare dell’agriturismo “Il Poeta” –. Io ho avuti danni a Terzone ma non posso abbandonare…». Ma così non la pensa il cameriere del «Poeta» già «pronto nel prossimo fine settimana a fare le valige». «Che sto a fare qui…Prendo i quattro mobili che c’ho e porto tutto a Roma… Ma qui ogni giorno è sempre peggio, se leggi su Internet pare che arriverà la fine del mondo».

Previsioni, angosce tutti elementi che accrescono le paure e lasciano la gente dormire per strada, nel palazzetto dello sport, nelle tende. Del resto, riprende il vigile sulle porta di Leonessa, «chi ha visto come me domenica mattina il corso della strada quasi sollevarsi e rincorrersi come fosse un lungo serpente, di restare qui non ne vuol proprio sentir parlare…».

Tutti via, dunque, nel silenzio di queste ore dove la gente si raduna e parla quasi sottovoce. Nel luoghi delle scosse parlano ormai tutti sottovoce come a non voler disturbare la «bestia» o forse per ascoltare in lontananza l’arrivo di «un mostro che non ci lascia più in pace…Sono anni che ci insegue…Dal ’79 in poi non ci ha più dato tregua…Ogni tanto rispunta – dice Andreina titolare con Tonino dell’unico hotel di Albaneto – è come se volesse tornare per finire un lavoro che aveva lasciato in sospeso…». Forse allora meglio andare, aggiunge Luigi Bucci del Castagneto, «soprattutto se ti restano solo cumuli di macerie».

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