Milano: così funzionava la “fabbrica” di ovuli di Antinori

Collaboratrici della Matris di Antinori in un selfie scattato dentro la clinica Alla Matris di...

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Collaboratrici della Matris di Antinori in un selfie scattato dentro la clinica

Alla Matris di Antinori: una rete di donatrici belle e in difficoltà economiche. Gli accordi erano: “Busta chiusa con mille euro se il prelievo andava a buon fine”. Ma spesso gli interventi non venivano remunerati: “Ci dicevano di non aver trovato nulla”. Tra le anomalie degli ultimi tempi la fuga di medici e infermieri

Le arruolavano rigorosamente sotto i trenta, come previsto dalle regole dell’eterologa. Belle, quasi sempre. E con pesanti difficoltà economiche alle spalle che facevano da buona leva per giustificare anche ripetuti bombardamenti ormonali e prelievi di ovuli, “dietro a un pagamento”. La denuncia della ventiquattrenne spagnola, sua infermiera, che ha portato all’arresto del famoso ginecologo Severino Antinori per rapina e lesioni, è solo una delle voci che racconta cosa succedeva alla clinica Matris di Milano.

IL RITRATTO Il papà dei bimbi in provetta nei guai per “furto di ovuli”

Il primo istituto lombardo partito, più di un anno fa, con la fecondazione eterologa e ora sotto sequestro. “Negli ultimi mesi ho incontrato e sentito i racconti di almeno venti ragazze che in quella clinica hanno subìto di tutto. E la giovane spagnola non è certo l’unica alla quale sono stati sottratti degli ovociti”. A parlare è Giovanni Pizzo, uno degli avvocati ai quali si sono rivolte diverse giovani finite – volontariamente o meno – nella rete di donatrici di gameti della Matris. Un sistema per trovare la materia prima per la fecondazione eterologa che negli ospedali pubblici lombardi, a più di due mesi dalla sentenza della Consulta, continua a non decollare.

Le prime denunce contro Antinori sono arrivate ai Nas prima di Natale. Fra queste c’era quella di M.S., 21 anni, di origini brasiliane, che a Repubblicaaveva raccontato come funzionava l’arruolamento delle ragazze. C’è una figura che, almeno fino a qualche mese fa, ha avuto un ruolo chiave in questa storia: si chiama Barbara Bella, una che di mestiere fa l’organizzatrice di eventi e aveva il compito di trovare giovani disposte a diventare donatrici. “Mille euro in contanti in busta chiusa per ogni prelievo andato a buon fine”, raccontano le ragazze che si sono sottoposte all’intervento. Un affare per questo tempio privato della fecondazione assistita milanese dalle pareti rosa confetto: con un solo intervento si possono arrivare a prelevare fino a 15 ovuli. E le donne sterili che si rivolgevano alla Matris per avere un bambino – disposte a spendere da 5mila euro in su per una gravidanza – ne ricevevano al massimo cinque.

La rete di giovani, di mese in mese, cresce: il passaparola funziona, i volti delle ventenni con difficoltà disposte a prestarsi a trattamenti fisicamente (e psicologicamente) molto pesanti pur di portare a casa qualcosa di simile a uno stipendio, aumentano. E la fecondazione eterologa alla Matris prosegue. Ma le cose iniziano a complicarsi quando le ragazze scoprono che non tutti gli interventi ai quali si sottopongono vengono pagati: “Dopo l’operazione, dicevano di non aver trovato ovuli da prelevare”. E senza ovuli, niente busta con i mille euro. “È tutto legato ai soldi. E sono tante le ragazze a essere state, se non altro, imbrogliate”, prosegue l’avvocato.

Nel frattempo chi lavorava da anni nella clinica ha iniziato, via via, ad andarsene. Medici, infermieri, segretari, genetisti, psicologi. Alcuni sono stati invitati, per così dire, ad andarsene. Altri, raccontano alcuni, erano semplicemente “sconvolti dalle pratiche mandate avanti dalla clinica. Pratiche ancora tutte da chiarire, e sulle quali andranno avanti le indagini dei carabinieri.

“Quando ce ne siamo andati, la Matris si è popolata di strane figure che il professore faceva lavorare al suo fianco”. Anche in questo caso, giovanissime assistenti e infermiere, diverse arrivate dall’estero. “Si scattavano selfie di continuo in ambulatorio, con le pazienti lì accanto”.

A lavorare alla Matris, per un mese, c’era anche la ventiquattrenne spagnola. Colei che ha fatto scattare l’arresto del professore, dopo la sua denuncia in cui racconta di aver subito un “furto” di ovuli nella stessa clinica, prelevati senza il suo consenso dopo essersi sottoposta a una cura ormonale, ha raccontato, spacciata per un’altra terapia.

vivicentro.it/nord/cronaca – Milano, una rete di donatrici belle e in difficoltà economiche: così funzionava la “fabbrica” di ovuli di Antinori TIZIANA DE GIORGIO

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