Tutto chiuso per davvero: chiude anche l’ospedale di Sorrento

Tutto chiuso per davvero. Dopo il P.S. di Castellammare, quello di Gragnano e di Vico...

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Tutto chiuso per davvero. Dopo il P.S. di Castellammare, quello di Gragnano e di Vico Equense, chiude anche l’ospedale di Sorrento.

Tutto chiuso per davvero: chiude anche l’ospedale di Sorrento

Tutto chiuso per davvero: chiude anche il P.S. di Sorrento. Che Paese è se in tempo di pandemia chiudono anche gli ospedali? Ma in tempi di dibattiti a livello mondiale sulla gestione del virus e sulle caratteristiche di quest’ultimo, pensiamo per un attimo al nostro territorio.

Gli ospedali stanno chiudendo. Il P.S. di Castellammare di Stabia, quello di Gragnano, di Vico Equense: ora chiude anche l’ospedale di Sorrento. Il bacino di utenza di una delle zone più densamente popolate d’Italia si ritrova a corto di possibilità e la situazione crea ansia e scontento generalizzato. Perché, si sa, non ci si ammala solo di Covid.

È dall’arrivo del virus in Italia (prima un evento episodico, poi una granata lanciata sui piccoli paesi del Nord) che il governo ci ripete di stare a casa per limitare la circolazione del virus. Guardando indietro, allo scorso marzo, sembra quasi un idillio.

Il problema da gestire era la paura, la necessità di confrontarsi con un nuovo ordine mondiale. Certo, non è stato facile abituarsi ad un nuovo scandire del tempo: i discorsi del premier Conte alla nazione, gli appuntamenti sui social col governatore De Luca (i cui spezzoni erano prontamente riproposti sui canali nazionali, come per i più divertenti tra gli sketch comici), ma soprattutto i canti dai balconi e gli omaggi ai nuovi eroi del Paese. Medici e infermieri sono stati per mesi elogiati per il loro lavoro, pianti quando caduti, i nomi e i cognomi scritti in testa ai quotidiani locali e nazionali.

Una cosa era certa: meglio non esser contagiati. Ma se fosse successo, saremmo stati in buone mani. E lo siamo ancora, se solo ai medici e agli infermieri non fossero sottratti gli strumenti per continuare a difenderci.

La cosiddetta seconda ondata si propone, epidemiologicamente e socialmente, come un’onda più alta della prima. Una composizione di lamentele e scontento diretti ai piani alti dell’amministrazione pubblica. Sui social impazzano le accuse verso il governo, verso gli amministratori di regione, verso i sindaci. Opposizioni e consiglieri comunali cercano di rispondere, ma non propongono soluzioni: pongono solo altre domande.

Guardando alla nostra storia umana e culturale possiamo evincere che mai il mondo è stato più lacerato da contrasti e divisioni: interne, esterne, tra diverse culture e all’interno delle stesse. Il virus, forse, non ha fatto altro che mettere in luce i punti deboli di tutti i Paesi del mondo.

Torniamo, quindi, al testo che ha sancito per secoli la dignità e il valore professionale di chi per mesi abbiamo chiamato eroe:

“Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:

  • di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, […] nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;
  • di ispirare la soluzione di ogni divergenza di opinioni al reciproco rispetto;
  • di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della professione”.

Coloro che abbiamo chiamato eroi non pongono domande, danno risposte e lo fanno coi fatti. Ispirandoci al giuramento a cui ognuno di loro è sottoposto potremo, forse, trovare anche risposta alle nostre domande.

Sicuramente, non saranno i cittadini a decretare di chi sia la colpa di tutto questo.

Lorenza Sabatino

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