Sicilia, Don Camillo vince contro il sindaco Peppone

In Sicilia, in provincia di Messina, a Forza D’agrò, da anni un sindaco occupa uno...

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In Sicilia, in provincia di Messina, a Forza D’agrò, da anni un sindaco occupa uno spazio della locale parrocchia, ma il prete si è rivolto alla Giustizia che gli ha dato ragione.

Sembra una storia da romanzo, come quella dello scrittore e giornalista italiano Giovannino Guareschi che immaginò un parroco di un piccolo paese, Don Peppone di estrazione democratica cristiana, che si scontrava, sostanzialmente per vedute politico-ideologici, contro il sindaco comunista Giuseppe Bottazzi detto Peppone. Tanti ricorderanno la seguitissima serie televisiva, ancora in bianco e nero, che ne fu tratta. I due principali personaggi erano rispettivamente rappresentati all’epoca dagli attori Fernadel e Gino Cervi.

Nella nostra vicenda tuttavia l’estrazione non c’entra. Diversamente sarebbe stato un caso politicamente appassionante come ormai non se vedono più. Mentre di tutta evidenza è presente la diffusa altezzosità politica di essere il sindaco e nel caso in ispecie anche avvocato, quindi quasi avente forzosi poteri locali pressoché dominanti sugli altri semplici concittadine e nel caso in ispecie contro un parroco, che però, è stato tenace e ha resistito rivolgendosi fiducioso alla Giustizia.

La vicenda:

Forza D’Agrò è un bel paesino antico della Riviera Jonica messinese, tra Taormina e Messina, posto a circa trecento metri su un promontorio prospiciente il Mare. Il prete è Luciano Zampetti, un giovane ma che evidentemente forte della sua Fede sa anche il fatto suo. Il sindaco è l’avvocato Fabio Di Cara il quale aveva ritenuto di potere occupare con dei veicoli lo spazio adiacente l’abside della cattedrale Maria Santissima Annunziata e Assunta di Forza d’Agrò che invece secondo Padre Luciano apparteneva alla Parrocchia. Addirittura quando veniva rimosso un veicolo subito veniva sostituito con un altro del locale Comune.

Padre Luciano Zampetti a quel punto si è rivolto al Tribunale di Messina e assistito dall’avvocato Giovanni Cambria si è visto dare ragione dal Giudice Tortorella. Il Tribunale prese atto della relazione del consulente tecnico d’ufficio il geometra Vincenzo Garufi, che dopo una approfondita indagine ha riconosciuto la titolarità dell’immobile alla Parrocchia, precisando di non aver riscontrato atti e/o documenti che giustifichino la titolarità del Comune.

Ci si sarebbe aspettato a quel punto che il Comune si ravvedesse del suo comportamento ponendo fine a quella situazione e ripristinando nuovamente un rapporto civile e cordiale con la locale parrocchia.

Una mera illusione. Il comune nonostante l’ordinanza del Giudice ha continuato a mantenere imperterrito il mezzo sull’area in questione e ha presentato reclamo.

Ma anche stavolta il Tribunale ha dato nuovamente ragione a Padre Luciano Zampetti.

Infatti la Prima Sezione Civile del Tribunale di Messina (Catanese presidente, Bisignano e Armaleo giudici) ha infatti rigettato il reclamo presentato dal Comune, contro la Parrocchia, con cui l’Ente aveva provato a far ribaltare l’ordinanza del 25 ottobre 2017 che aveva già riconosciuto la titolarità di quello spazio alla chiesa, accogliendo il ricorso presentato il 6 settembre da don Zampetti, con cui veniva chiesta la reintegrazione dell’area di circa 15 metri quadri situata in piazza Largo Piano, dove i sacerdoti hanno sempre parcheggiato le loro auto, così come ha fatto l’attuale parroco sin dal suo arrivo a Forza d’Agrò nel 2011. Il Tribunale ha anche condannato il Comune al pagamento delle spese, fissate in 2mila 768 euro oltre Iva e cassa e spese generali, che si aggiungono alle 2mila 486 euro dell’ordinanza che aveva imposto all’Amministrazione comunale del sindaco Fabio Di Cara di riconsegnare lo spazio rimuovendo l’auto del Comune che veniva lì parcheggiata. Spazio di fatto mai riconsegnato e occupato prima con l’auto di servizio del Comune, una Lancia Lybra (adesso parcheggiata in via De Gasperi) e da pochi mesi dallo scuolabus comunale ormai in disuso, visto che ne è stato acquistato uno nuovo: il vecchio Fiat Ducato, però, che risulta senza revisione da settembre e senza copertura assicurativa, anziché essere dismesso è stato lasciato in piazza Largo Piano dietro la cattedrale.

Alla fine il Comune ha dovuto quindi cedere. Infatti da qualche giorno i mezzi del Comune non vengono più parcheggiati in quell’angolo di piazza Largo Piano e don Luciano Zampetti, rientrando da Roma, lo ha trovato libero e così ha potuto sostare con il proprio veicolo, delimitando lo stallo con una catena, come avveniva fino al dicembre 2015.

L’opinione:

C’è di tutta evidenza in generale qualcosa che negli ultimi anni è culturalmente mutato nella politica degli Enti locali. In modo sparso si ravvisa una forma di crescente arroganza nei nostri amministratori. Inoltre i Comuni non sembrano essere più, come di fatto non lo sono, neanche forzosamente sottoposti ad un superiore controllo amministrativo e particolareggiato dei loro atti.

L’innesco è certamente da ricercarsi nel decentramento amministrativo con la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, voluta all’epoca da governo di centrosinistra e poi lo stesso anno confermata dal subentrato governo di centrodestra. Per entrambi e notoriamente, si rivelò nel tempo, a livello regionale e comunale, un “eldorado” di clientelismo, voto di scambio, sprechi, sperperi, straremunerazioni, stratasse e debiti.

Furono quindi rimossi ma non aboliti, il comitato regionale di controllo, CORECO, che era un organo della Repubblica italiana, precisamente delle Regioni, al quale erano attribuite funzioni di controllo sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali e la Commissioni provinciale di controllo sugli atti delle province regionali e dei comuni comprese le relative circoscrizioni.

Un Ente intermedio esiste, l’UREGA, L’Ufficio regionale per l’espletamento di gare per l’appalto di lavori pubblici, che ha una Sezione centrale con sede in Palermo e delle Sezioni provinciali nei capoluoghi delle province regionali ed è in sostanza una struttura decentrata del Dipartimento regionale tecnico dell’Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità. Ma il suo fine è di occuparsi di gare per appalti di lavori con importo a base d’asta superiore a € 1.250.000,00. Quindi non di controllo di piccoli appalti (quelli a “pioggia”) e soprattutto degli innumerevoli atti negli Enti locali.

La Sicilia, ad esempio, che è a Statuto autonomo, potrebbe sollecitamente ripristinare il Co.Re.Co e la Commissione provinciale di controllo, magari con una formula moderna che vede in questi Organi e a rotazione alcuni Magistrati e militi della Guardia di Finanza di regioni o provincie diverse da quella di controllo. Se infatti non si ripristinano questi Organi a cui il semplice cittadino possa rivolgersi con procedure semplificate e non costose, diciamocelo chiaramente senza retoriche da passerelle, la politica, quella arrogante, continuerà a dominare e i cittadini che non possono permettersi giudizi, spese legali, di subire angherie varie o ritorsioni di ogni tipo e quindi si vedranno costretti a sottomettersi.

Nella vicenda in causa, un parroco ha avuto la soggettiva forza di resistere alla politica altezzosa, anche sicuramente grazie alla sua Fede e di certo in quanto sostenuto dalla sua parrocchia. Un singolo cittadino invece che già non ha possibilità finanziarie per affrontare le iniziali spese legali e giudiziarie, di solito si trova quasi obbligato ad arretrare se non persino soccombere innanzi all’arroganza politica e istituzionale o quanto meno scendere a patti se non anche prostrarsi e quindi assoggettarsi. Ma così la politica, anche solo forzosamente prepotente, continuerà ad imperare e parallelamente la società e soprattutto i nostri giovani ma pure gli adulti, ad adeguarsi, oppure chi può va via, come d’altronde sta accadendo negli ultimi anni.

L’immagine è tratta da wikipedia.

Adduso Sebastiano

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