Elezioni regionali 2017, indagine della Procura di Messina

Quattordici persone risultano indagate a Messina nell’ambito di un’inchiesta cominciata nel 2018 sulle elezioni regionali...

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Quattordici persone risultano indagate a Messina nell’ambito di un’inchiesta cominciata nel 2018 sulle elezioni regionali del 2017.

Sarebbero quattordici – nell’inchiesta iniziata nel 2018 ma non ancora conclusa della Dia della Procura di Messina e coordinata dai Sostituti Fabrizio Monaco, Maria Pellegrino e Rosanna Casabona sulle elezioni regionali del 2017 nella provincia di Messina – accusate di reati che vanno, a quanto è dato sapere, dalla corruzione elettorale all’abuso d’ufficio, dal falso alle minacce aggravate dal metodo mafioso. Lo scrive oggi la Gazzetta del Sud.

Tra gli indagati ci sono anche l’ex parlamentare regionale Santo Catalano, l’attuale consigliere comunale di Milazzo Lorenzo Italiano, il sindaco di Fondachelli Fantina Marco Pettinato, il padre Francesco, già sindaco del centro montano, la candidata a sindaco alle ultime amministrative Maria Pamela Corrente, Armando Buccheri, Carmelo Fascetto, Francesco Salmeri, i messinesi Placido Smedile, Davide Lo Turco e Giuseppa Zangla, il pattese Enrico Talamo.

Il fascicolo di indagine è quello in cui risulta indagato anche il sindaco di Messina Cateno De Luca e l’ex consigliere provinciale di Messina Carlo ‘Roberto’ Cerreti, con l’ipotesi di abuso d’ufficio in concorso. L’episodio riguarda la nomina di Cerreti nel Cda dell’Amam da parte di De Luca, in sostituzione del membro designato, l’architetto Loredana Bonasera, con l‘ipotesi di violazione delle “quote rosa” e del cosiddetto “ingiusto vantaggio” a Cerreti.

L’investigazione si gioverebbe un lungo elenco di intercettazioni telefoniche attivate prima del voto nel novembre del 2017, in cui vengono delineati accordi pre-elettorali illeciti, quali pacchetti di voti assicurati a Messina e in vari centri tirrenici e ionici dai diretti interessati in cambio di denaro, oppure promesse di posti di lavoro sempre in cambio di una “raccolta voti”. Ma anche le minacce, alcune attuate con metodo mafioso, messe in atto da alcuni soggetti indagati, su mandato di chi aveva elargito mazzette ma poi non era stato eletto.

Adduso Sebastiano

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