Roma, prestiti a usura all’interno di un patronato

La Guardia di Finanza di Roma sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP...

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La Guardia di Finanza di Roma sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale capitolino per usura.

Militari del Comando Provinciale di Roma stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale capitolino nei confronti di quattro soggetti, accusati di usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria.

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica – Gruppo di lavoro reati gravi contro il patrimonio e stupefacenti, trae origine dalla denuncia presentata nel novembre 2017 da una donna che, dopo essersi rivolta a un patronato del quartiere di Centocelle per istruire una pratica di finanziamento al fine di far fronte a impellenti spese mediche, era rimasta vittima di veri e propri usurai.

Non essendo riuscita ad ottenere il prestito, la denunciante era stata costretta ad accettare le condizioni capestro imposte dagli indagati, che si erano proposti di concedere direttamente il denaro richiesto ma con l’applicazione di tassi di interesse mensili oscillanti tra il 20% e il 25%, corrispondenti a circa il 300% annuo.

Gli approfondimenti eseguiti dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno portato alla luce un più ampio sistema illecito perpetrato ai danni di diverse persone, le quali, versando in precarie condizioni economiche che non consentivano loro di accedere al credito legale, erano cadute nella “trappola” dell’usura, ordita dalla titolare dell’ente associativo, dai suoi due figli e da un quarto soggetto, “finanziatore” delle condotte delittuose.

L’erogazione delle somme era “schermata” dalle finalità del patronato, ovvero quelle di offrire assistenza agli utenti per l’espletamento di pratiche amministrative di vario genere.

Nel corso di perquisizioni, i Finanzieri hanno rinvenuto, tra l’altro, un vero e proprio “libro mastro” in cui venivano annotate, con certosina precisione contabile, le somme prestate e le relative restituzioni, comprensive degli esosi interessi applicati.

Al contempo, le intercettazioni hanno fatto emergere la “professionalità” dell’attività criminosa, evidenziando l’assoluta prudenza utilizzata dai protagonisti della vicenda nelle reciproche interlocuzioni, caratterizzate dall’uso di un gergo “cifrato”, secondo il quale i prestiti erano “torte” o “feste” o “compleanni” o “album”, le rate “regali” e gli interessi “candeline” o “figurine”.

Adduso Sebastiano

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