Garella, il portiere che usava i piedi e che vinse dove era impossibile vincere

Garella, portiere del primo storico scudetto della SSC Napoli nella stagione 1986-1987, è morto stanotte per problemi cardiaci successivi a un’operazione chirurgica. Il nostro ricordo del campione del primo Napoli scudettato

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Garella, portiere del primo storico scudetto della SSC Napoli nella stagione 1986-1987, è morto stanotte per problemi cardiaci successivi a un’operazione chirurgica.

Aveva 67 anni e ha segnato in modo indelebile, al pari altri fuoriclasse di cui era compagno di squadra in quegli anni, la storia del Napoli e ci si augura che venga ricordato nel migliore dei modi e con tutti gli onori del caso lunedì pomeriggio alle 18:30 prima di Verona-Napoli allo stadio “Bentegodi”.

IL RICORDO DI CLAUDIO GARELLA, GRANDE UOMO PRIMA ANCORA CHE GRANDE CAMPIONE.

Verona-Napoli era da sempre la sua partita. Claudio era un portiere sui generis ma non per questo meno forte dei portieri che hanno segnato la storia del calcio italiano. Era un campione forse sgraziato e non bello a vedersi in campo ma assolutamente efficiente e vero e proprio punto di forza sia del Verona scudettato guidato da Osvaldo Bagnoli nella stagione 1984-1985, sia del Napoli di Ottavio Bianchi dello storico primo scudetto del 1986-1987.

L’avvocato Giovanni Agnelli una volta lo definì con una frase rimasta celebre: “Garella è il primo portiere che para senza usare le mani…”. 

E in effetti Garella, è vero, usava spesso i piedi nel respingere le incursioni dei pericolosi attaccanti avversari. Si può ben dire che Garella con i piedi respingesse tutto, non solo i palloni ma anche i preconcetti, le critiche che erano piovute sul suo capo soprattutto ai tempi della Lazio con il termine delle “garellate” che fu coniato proprio in quegli anni e che stava ad indicare delle papere fatte dal portiere di origini torinesi. Garella con i piedi respingeva anche le convenzioni e gli schemi rigidi che volevano che un portiere parasse esclusivamente con le mani e usasse i piedi solo come extrema ratio.

Claudio Garella però è anche l’uomo che vinse laddove si pensava fosse impossibile vincere uno scudetto: a Verona (cosa impensabile ai giorni nostri) e a Napoli dove mai si era arrivati nella storia del club ad una vittoria di così grande prestigio. Ma era nel modo di essere di Garellik quello di stravolgere tutti gli schemi e riuscire a vincere in posti dove mai si era vinto prima di allora. Un gigante vero e proprio capace di due grandissime imprese come quelle di Verona e di Napoli.

Claudio Garella, all’indomani della vittoria dello scudetto col Verona e con una Coppa dei Campioni da disputare con la maglia gialloblu degli scaligeri, non ci pensò su due volte ad accettare la proposta di Italo Allodi e ad arrivare al Napoli.

E anche a Napoli Garella risultò decisivo con le sue parate con i piedi ma non solo. E’ grazie a campioni come lui che tanti ragazzi in quegli anni si innamorarono del gioco del calcio. Una campione forse non bellissimo a vedersi in campo ma assolutamente redditizio per il contributo portato ai suoi compagni di squadra con le sue parate fatte in ogni modo possibile e al di fuori degli schemi convenzionali.

Tra i ricordi di chi come il sottoscritto ha avuto la fortuna di vivere quegli anni e l’epopea del Napoli maradoniano, si ricorda soprattutto una gara nell’anno dello scudetto a Milano al Meazza contro il Milan che da poco era diventato di proprietà del presidente Silvio Berlusconi. Una delle poche partite di quell’anno in cui il Napoli soffrì riuscendo a resistere agli attacchi dei rossoneri portando a casa uno 0-0 preziosissimo.

Una gara che il Napoli giocò quasi costantemente sulla difensiva arroccato attorno al suo portiere con un terreno di gioco fangoso e sotto una pioggia battente. Una partita nella quale Garella (forse la sua migliore in azzurro) si esaltò togliendo palloni dalla porta di pugno, in uscita, di mani sotto la traversa, e naturalmente anche con i suoi preziosi piedi.

Ora a più di un anno mezzo dalla scomparsa del grandissimo Diego Maradona c’è solo da immaginare che i due si siano ritrovati lassù in cielo e che magari Diego, felicissimo per aver rivisto il suo portierone del primo scudetto, si stia di nuovo divertendo a cimentarsi in quei tiri che tante volte Garellik cercava di parare soprattutto quando si allenavano insieme agli altri compagni di squadra al “Centro Paradiso” di Soccavo.

Ricordi di un calcio che non esiste più, sopraffatto completamente dal dio denaro e dalla mancanza di sentimento. Un calcio, quello degli anni ’80’ molto più genuino di quello attuale, che sopravvive solo nei ricordi di grandissimi personaggi quale fu senza alcun dubbio Claudio Garella.

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