Voucher, boom di utilizzo, ma i problemi dell’occupazione restano

(di Virginia Murru) Nei giorni scorsi, in parlamento, durante il Question time, il ministro del...

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(di Virginia Murru)

Nei giorni scorsi, in parlamento, durante il Question time, il ministro del lavoro Giuliano Poletti, ha risposto all’interrogazione di un deputato, sostenendo che il governo interverrà con controlli più severi sull’utilizzo dei voucher, ‘per evitare irregolarità’. Al riguardo così si è espresso:
“In sede di prima modifica dei decreti legislativi del Jobs Act, introdurremo una misura che amplia i mezzi di tracciabilità, con l’obbligo per l’impresa di comunicazione via sms o per via telematica, dell’utilizzo dei voucher”.

Il parlamentare aveva chiesto conto al ministro del notevole incremento dei voucher utilizzati, che, nel corso del 2015, sono stati ben 115 milioni ( buoni da 10 Euro ). Il ministro sottolinea dunque che l’intervento sarà volto a renderli più tracciabili, per evitare usi impropri e illegali. Tra le misure preventive di abuso, l’obbligo dell’impresa di comunicare, in via preventiva, il nominativo e il codice fiscale del lavoratore, oltre alla data e al luogo in cui verranno utilizzati, nonché la durata della prestazione lavorativa.

Tale misura rientrerà nel primo decreto correttivo, tra quelli attuativi del Jobs Act, e seguirà quindi l’iter per la sua approvazione nell’ambito delle riunioni del Consiglio dei Ministri. La disciplina di controllo sulle imprese che ricorrono ai voucher, tende ad evitare abusi e comportamenti elusivi, dato che, in seguito alle ‘irruzioni’ degli Ispettori del Lavoro, è emerso che, all’acquisto dei buoni, non sempre corrisponde un effettivo e corretto numero di ore o di giornate lavorative svolte. Purtroppo le aziende ricorrono ancora ai corrispettivi in nero, oltre che all’uso dei voucher, per tutelarsi in caso d’ispezioni.
Quello che si dichiara, dunque, non è lo specchio del modo in cui si amministra il lavoro accessorio, che fa riferimento al lavoro saltuario, e non è riconducibile a veri e propri contratti di lavoro, ma è comunque uno strumento di tutela per le situazioni non regolamentate.
Il compenso relativo a queste prestazioni, avviene attraverso i buoni lavoro, o voucher, che hanno un valore nominale di 10 Euro (tranne il lavoro agricolo, che ha riferimenti contrattuali diversi). Il lavoratore ne percepisce 7.50, che corrisponde ad un’ora di lavoro, mentre la differenza riguarda la copertura previdenziale presso l’Inps, e quella assicurativa concernente l’Inail.

La legge prevede una garanzia minima di tutela previdenziale, ma esclude che attraverso le prestazioni di lavoro accessorio, si abbia diritto anche quelle di sostegno del reddito dell’Inps: indennità di disoccupazione, maternità, assegni familiari. Il lavoro accessorio, in ogni caso, è riconosciuto dalla normativa in vigore ai fini del diritto alla pensione.
Il Ministero del lavoro si avvale dell’attività ispettiva quale strumento di controllo, affinché si applichino le norme di tutela che riguardano il lavoratore, riducendo in tal modo le violazioni in questo ambito. Il controllo sull’uso corretto dei voucher, rientra in queste dinamiche di controllo, insieme al lavoro di monitoraggio e valutazione, portato avanti dal Ministero in collaborazione con l’Inps Dai risultati delle ispezioni e i controlli sui voucher, si trarranno gli elementi utili per le opportune valutazioni, e gli eventuali interventi per regolamentare in modo ancora più specifico le varie situazioni.

I voucher (o buoni lavoro), che vengono emessi telematicamente dall’Inps, hanno una storia che parte dalla disciplina del lavoro accessorio, introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con il D. Lgs 276/ del 2003. E’ noto che il fine era diretto a portare in superficie le aree sensibili di lavoro sommerso, favorendo nel contempo l’inclusione lavorativa di soggetti che necessitano di maggiore sostegno e tutela. Negli intenti del legislatore, pertanto, rientravano categorie di lavoratori disoccupati da lungo tempo, casalinghe, disabili, individui che si appoggiano a comunità di recupero, extracomunitari senza lavoro per un periodo di almeno si mesi, pensionati e studenti. Prestazioni definite anche ‘le cenerentole della politica welfare..’

I comparti di attività che riguardano l’esecuzione delle prestazioni, hanno un ampio raggio di applicazione, e vanno dai piccoli lavori domestici che abbiano carattere straordinario, e qui rientrano i vari tipi di attività assistenziale. Si va da quella agli anziani o portatori di handicap, ai bambini, l’insegnamento privato supplementare, e altri servizi simili. Oltre ai piccoli lavori di giardinaggio, manutenzione di edifici, vari tipi di manifestazioni culturali, sportive e sociali in genere. Collaborazioni a favore del volontariato, tramite associazioni, per lo svolgimento di attività dirette alla solidarietà o emergenze sociali, come calamità o eventi fortuiti che richiedano prestazioni di supporto.
Un po’ di ‘storia’ sui ‘voucher’.

E’ stato nell’ambito del D. Lgs 276/ del 2003, che fu introdotto un mezzo speciale di retribuzione, ossia il sistema dei famigerati voucher, che all’inizio avevano un valore di 7.5 Euro, e un limite massimo di 3000 Euro annui, con 30 giornate (massimo) lavorative per le singole prestazioni svolte. Nel 2005, con la legge 80, si amplia il campo di applicazione verso i beneficiari, inserendo anche imprese familiari che operano nell’ambito dei servizi, e incrementando il limite del compenso annuo a 5000 Euro, e dieci mila per le prestazioni svolte in imprese familiari.
Con la legge 92-2012, si interviene in materia di lavoro accessorio, sia sul versante retributivo che nei campi di applicazione della legge stessa, ed esclude i vincoli inerenti la natura soggettiva e oggettiva.
Pertanto, chiunque potrebbe svolgere prestazioni di carattere accessorio, tranne per attività riguardanti il datore di lavoro col quale esiste già un rapporto di lavoro subordinato. In ambito agricolo, si concede il ricorso ai voucher a pensionati e studenti nelle aziende che abbiano però un volume d’affari superiore ai 7000 euro.

Con la riforma del Lavoro Fornero, del 2012, durante il governo Monti, intervenuta a riformare il mercato del lavoro, si conferma il limite di 5000 Euro per la retribuzione complessiva, ma nel contempo, si fissa anche un tetto di 2000 Euro per le prestazioni a favore di un solo committente. Con il famoso Jobs Act (introdotto con D Lgs 81 del 15 giugno 2015), il governo Renzi interviene ancora sulla piattaforma legislativa in vigore, ormai consolidata, apportando qualche cambiamento. Si incrementa ulteriormente il limite annuo dei compensi, e si porta a 7000 Euro, ma si lascia invariato quello di 2000 per prestazioni a favore del singolo committente. L’intervento più importante riguarda il divieto di ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio quando si tratta di appalti, riferiti sia ad opere che a servizi.

Per i percettori di indennità di mobilità, il limite massimo, nel 2016, è di 3000 Euro.
Secondo il Ministero del lavoro, l’impennata di aumento nell’utilizzo dei voucher è dovuto all’ampliamento dei campi di attività, un notevole incremento si è verificato nell’ambito del turismo, dei servizi e del commercio, e una parte dei lavori ‘a chiamata’ sembra sia stata sostituita con trattamenti di questo tipo.
Nel 2016, comunque si è già registrato un aumento che richiede disciplina e controllo. Secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps, sull’uso dei voucher, a gennaio di quest’anno risultano venduti 9,2 milioni di voucher, diretti a compensi su prestazioni di lavoro accessorio (con valore nominale sempre di 10 Euro), e rispetto allo scorso anno l’incremento è del 36%, davvero notevole.

I sindacati protestano sostenendo che si tratta semplicemente di una nuova ‘espressione’ della precarietà, rappresentata dall’utilizzo dei voucher, e non ha giovato alla classe dei lavoratori, semmai ne ha reso più difficile le condizioni di sussistenza.
La segretaria della CGIL, Susanna Camusso, afferma in proposito:
“ La sua diffusione in assenza di controlli e senza la volontà di cancellare una norma così sbagliata dimostra che in realtà si è fatta molta propaganda sulla stabilizzazione ma non si è determinata la sostanza» – e aggiunge: “bisognerebbe concentrare l’attenzione sul fatto che la strada dell’esplosione dei voucher è anche una strada di sommersione del lavoro.”
Il segretario della UIL, Loy, non ammorbidisce i toni, e dichiara che, con un Pil altrettanto ‘precario’, da ‘zero virgola’, e gli sgravi contributivi che sono stati ridotti a gennaio, oltre al dato in contrazione che riguarda le assunzioni, c’era da aspettarsi reazioni di questo genere. Loy auspica un maggiore impegno da parte del governo sul versante dell’occupazione, non provvedimenti ‘tampone’, che si rivelano sempre inadeguati per soluzioni più degne.

“Il tutto – sottolinea il segretario della UIL – fa il paio anche con l’impennata di voucher venduti nel 2015 e che continua a registrare alti numeri, anche nel primo mese di quest’anno. Si assume, dunque, se c’è convenienza in termini di costi”.
Da alcuni anni, ormai, si sta pensando in Italia ad una soluzione nel versante del cosiddetto “welfare mix”.
La legge di stabilità si è ispirata al ‘CESU’ in vigore in Francia, che nel 2005 ha introdotto il cosiddetto ‘voucher universale’ rivolto ai servizi alla persona, col supporto dello Stato; intanto è defiscalizzato fino a quasi 2000 Euro l’anno. In Francia si sono ottenuti ottimi risultati con questo sistema, pare siano andati in favore di 8 milioni di famiglie, per un valore che supera gli 800 milioni di euro, ma quel che più conta ci sono stati 100 mila nuovi posti di lavoro. La lotta contro il lavoro nero è stata altrettanto efficace.

Secondo i risultati ottenuti in Francia, questa soluzione risulta essere un bene per lo Stato, in quanto stimola il finanziamento privato sulle esigenze sociali di lavoratori e società in genere. Inoltre, i rientri in termini economici, sono soddisfacenti. Le imprese ottimizzano i costi, aumentando così investimenti e produttività, mentre sul versante dei lavoratori, si aumenta il potere d’acquisto determinando maggiore benessere.

In Italia, come si diceva, da diversi anni si sta riflettendo su una soluzione nell’ambito del ‘welfare mix’, ossia un nuovo strumento che permetta un ruolo integrativo privato accanto a quello della sfera di pertinenza pubblica. In questo settore le imprese sono importantissime, con le iniziative di welfare aziendale. Tali iniziative s’inseriranno per colmare carenze e lacune dello stato nei confronti dei bisogni sociali, quali si ritengono quelli relativi ai servizi alla persona. I servizi delle imprese citati, saranno sostenuti attraverso incentivi e sgravi di tipo fiscale e contributivo. Ed è appunto la novità riportata nella Legge di Stabilità 2016.

Nell’articolo 12 è prevista l’introduzione di voucher per i piani di welfare aziendali, che consentiranno ai lavoratori di corrispondere un compenso per prestazioni di baby sitter, badanti, asilo nido, e altri servizi. E’ previsto un buono acquisto di massimo due mila euro, esente da tasse.
Vedremo se l’iniziativa darà i risultati che ha prodotto in Francia.

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