Volontari Civili bulgari al fronte contro i migranti

Dal confine tra Bulgaria e Turchia, Francesca Paci racconta come squadre di volontari in mimetica...

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Dal confine tra Bulgaria e Turchia, Francesca Paci racconta come squadre di volontari in mimetica presidiano i confini con l’obiettivo di respingere i migranti e «fermare l’invasione dell’Islam». Sono muratori, impiegati, avvocati e lamentano l’immobilismo del governo di Sofia. Secondo gli attivisti per i diritti umani «le loro azioni sono ai limiti della legge».

Nelle foreste fra Turchia e Bulgaria: “Qui fermiamo l’invasione dell’Islam”

Muratori e avvocati in mimetica presidiano i confini: «Il governo di Sofia non fa nulla, noi volontari difendiamo l’Europa». Gli attivisti per i diritti: azioni ai limiti della legge

YASNA POLYANA (BULGARIA) – Passo veloce e il più possibile felpato, braccia sulla testa a protezione dai rami, bocche cucite. Per intercettare i migranti che dal confine turco cercano di entrare in Bulgaria si avanza in colonna fin dentro la foresta di Strandzha e poi via, sparpagliati in gruppi di tre. Chi trova dei «presunti profughi», come li chiamano i volontari del BNOShipka, avverte i compagni con il cellulare e chiama la polizia di frontiera.

«Dato che il governo non fa nulla, a parte obbedire alla Merkel e lasciar entrare chiunque dichiari una nazionalità a caso, ci pensiamo noi: da quattro anni presidiamo le montagne per proteggere dai terroristi e dall’invasione pianificata da Erdogan il nostro Paese e l’intera Europa». Vladimir Rusev è il comandante di questi 65 bulgari in mimetica e passamontagna che hanno parcheggiato le auto targate Varna, Burgas, Stara Zagora, Plovdiv e Dalgopolin in una radura vicino Yasna Polyana, a 30 km dal confine, per dare il cambio al turno precedente. Ex ufficiale dell’esercito in pensione, il pluridecorato Rusev gestisce una società d’intelligence e security specializzata in zone di conflitto e anima il BNOShipka, il movimento nazionalista intitolato alla città simbolo della vittoria bulgaro-russa sugli ottomani di Sulayman Pascià. «Par-ti-gia-ni», scandisce. Guai a definirli miliziani o «cacciatori»: «Non portiamo armi, non arrestiamo nessuno, rispettiamo la legge che autorizza i cittadini a impedire i crimini e considera un crimine varcare illegalmente il confine».

Le lattine di Red Bull e fagioli turchi abbandonate lungo il ruscello nascosto tra gli alberi segnano la strada. Da quando l’accordo tra Ankara e Bruxelles ha sigillato la rotta balcanica e in particolare la Grecia, ai migranti non restano che il mar Mediterraneo o i boschi bulgari per affidarsi ai trafficanti e puntare all’Europa del nord. Rusev, fluente in russo, greco, turco ed ebraico, sostiene di averne respinti migliaia dei 10 mila che si fanno sotto ogni mese, moltissimi passando da Zvezdez.

«I rifiuti servono anche da segnaletica per l’appuntamento con chi li porta in Serbia o per indicare il percorso a chi segue» spiega Attila, 35 anni, bagnino.

L’identikit del volontario di BNOShipka è sintomatico del malessere che si porta dentro un paese passato per 5 secoli di dominazione ottomana, 45 anni di dittatura sovietica e, nel 2007, il sogno di un salvifico destino europeo naufragato sulla transizione dal socialismo reale pagata a dosi massicce di disoccupazione, la fuga dei cervelli, la corruzione endemica. C’è il muratore 30enne Ilia convinto che dietro i profughi ci sia una strategia destabilizzante «guidata da americani e da ebrei». Kamal, musulmano, che vuole tenere l’Isis lontano da casa impacchettando la frontiera come un’opera del connazionale Christo. Todor, 35enne, impiegato delle ferrovie e nemico dell’«Islam colonizzatore» quanto simpatizzante di Putin. Tikhamir, fioraio, deluso da Bruxelles che «non ha trasformato la Bulgaria nella Svezia e ora la vorrebbe come Raqqa». E poi ancora l’avvocato europeista Lachezar felice di aver archiviato il giogo sovietico e deciso a non finire in quello coranico, Siliane che a 67 anni marcia e raccoglie erbe per curare eventuali ferite, la disoccupata Asia arruolatasi perché «i bulgari guadagnano 150 euro e gli immigrati molto di piu». Dai 20 ai 30 anni c’e di tutto: 800 persone a rotazione giorno e notte che non ricevono un soldo e si pagano la benzina.

S’intravede lo spettro dell’Islam dietro le quinte di questa caccia nella foreste, lo stesso riconoscibile nei mal di pancia politici del Paese che a novembre ha eletto il nuovo presidente filo-russo Rumen Radev e il 26 marzo voterà per il rimpiazzo del parlamento dopo le dimissioni del premier europeista Borisov. E poco importa che la etnicamente omogenea Bulgaria da 7 milioni di abitanti ospiti oggi ufficialmente tra i 7 e i 15 mila migranti in 6 campi aperti e 2 centri chiusi e che, per questo, abbia appena ricevuto dall’Ue 150 milioni di euro. La notizia più diffusa sui social è quella degli incidenti di novembre nella struttura di Harmanli, dove risiedono 3 mila richiedenti asilo.

«Il BNOShikpa ha più consensi fuori che dentro al Paese e si muove ai margini della legislazione bulgara» ci dice il direttore dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni di Sofia Radoslav Stamenko. Capita che i suoi uomini, come quelli di Amnesty International o del Bulgarian Helsinki Commitee, incrocino metaforicamente le spade con i volontari del comandante Rusev: gli attivisti pro-migranti chiamano la guardia di frontiera e gli altri, anziché essere aiutati dalle forze dell’ordine come vorrebbero, devono mostrare i documenti per provare di essere regolari.

«Dobbiamo contrastare le cosiddette organizzazioni umanitarie che addestrano i migranti a entrare illegalmente in Europa, ma più ci demonizzano e più cresciamo tra la gente, contiamo già 20 mila membri e 40 mila sostenitori» racconta l’agricoltore Ivan al termine della seduta di flessioni ed esercizi di autodifesa in cui si mira alle gambe e non alla testa. In realtà non ce n’é mai stato bisogno, e neppure del coltello che tutti portano alla cintura: «Quando i migranti vedono la mimetica si bloccano, hanno paura, al massimo provano a scappare. Noi comunque, sapendo che in Turchia si comprano perfino le famiglie, ci prendiamo cura delle rarissime donne e dei bambini, sapendoli vittime, e consegniamo gli uomini alla polizia. Quasi nessuno è un vero rifugiato. E poi, dovremmo aver compassione di chi “compra” i ragazzini per sconfinare? Abbiamo almeno 4 mila minori non accompagnati negli orfanotrofi bulgari».

Piove. Il terreno è scivoloso. È ora di spostarsi a ridosso del confine, a Brodilovo, dove, con regolare permesso, i volontari aiutano la costruzione della barriera, appena 67 km dei 230 che si snodano lungo il confine turco e degli altri 570 lungo quello greco. I tre varchi ufficiali sono deserti. Non lontano, oltre lo sguardo, qualcuno terrorizzato aspetta probabilmente la notte nascosto tra alberi e cespugli.

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lastampa/Nelle foreste fra Turchia e Bulgaria: “Qui fermiamo l’invasione dell’Islam” FRANCESCA PACI – INVIATA A YASNA POLYANA (BULGARIA)

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